I GRECI VOGLIONO L’EUROPA. E L’EUROPA…

Agisce spesso nei popoli una specie di sesto senso, o di intima saggezza, che supera le conoscenze e le previsioni degli esperti. Così, mentre banchieri, economisti e politici fanno i conti su quanto ci costerebbe l’uscita della Grecia dalla zona euro, i greci fanno sapere che nell’euro ci vogliono stare, eccome. L’ultimo sondaggio, realizzato per il settimanale To Vima, parla chiaro: l’80% dei greci vuole restare nella Ue e il 78,1% dice che il primo compito di qualunque nuovo Governo dovrà essere, appunto, di far restare la Grecia agganciata all’euro.

Non è difficile capire perché. Attaccare gli euroburocrati è sempre stato facile, ma tutti i popoli dei 27 Paesi Ue, nessuno escluso, hanno ricevuto immediati e cospicui vantaggi dall’adesione all’Europa. Qualche giorno fa, Andrus Ansip, premier dell’Estonia, primo Paese ex sovietico ad adottare l’euro nel 2011, ha detto: “Da noi chiunque capisce quale vantaggio sia l’euro per l’Estonia”. E per restare alla Grecia: dal suo ingresso nella Ue, Atene ha ricevuto da Bruxelles quasi 40 miliardi di euro; ogni anno, i contributi della Ue rappresentavano circa il 2% dell’intero Pil greco. In più, i greci sanno benissimo che l’attuale crisi è stata provocata da una politica folle di spesa, quella per cui il deficit era arrivato al 144% del Pil: per un euro che entrava, quasi un euro e mezzo usciva. Per non parlare dei 130 miliardi di euro che la Ue ha già investito nelle operazioni di salvataggio finanziario e che certo non saranno mai più recuperati.

Detto questo, l’Unione Europea deve fare tutta la sua parte. Che non sta solo nel proporre aiuti finanziari ma nel proporre il meglio di se stessa. Dalla Grecia ci arriva un messaggio fortissimo. Gente che soffre di giorno in giorno, subisce il taglio del 20% dei salari e delle pensioni, non può più permettersi un medico o una vacanza e che i retori invitano ad accusare l’Europa, ribadisce la volontà di essere in Europa. Questa gente merita una risposta rapida, concreta e solidale.

Nelle nuove, critiche elezioni che si svolgeranno in giugno, si voterà anche per o contro la Ue. Non per la permanenza nella Ue ma per la Ue medesima, per la sua anima, la sua essenza, il suo senso. Le parole di José Manuel Barroso, presidente della Commissione europea (“Continueremo ad aiutare la Grecia”) sono importanti e peseranno. Ma ci vuole di più, e altro. E’ necessario che si manifesti con chiarezza la coscienza che l’impoverimento violento dei greci non è visto da Bruxelles come un problema tecnico ma per quello che davvero è: il dramma umano di dieci milioni di persone.

Serve il contrario, insomma di quanto minacciato qualche giorno fa da Jens Weidmann, presidente della banca centrale di Germania: “Se Atene non mantiene la parola è una decisione democratica. Ma il risultato è che non ci sono più le basi per ulteriori aiuti”. Sarebbe invece proprio questo il momento di annunciarne di nuovi o di proporre misure che, senza mettere in discussione l’obiettivo finale del risanamento, rendano un poco meno draconiane le rinunce chieste alla gente. Un esempio da non trascurare: l’Agenzia federale russa per la cooperazione internazionale ha lanciato una campagna per spingere i russi ad acquistare prodotti greci. E’ stato calcolato che se ogni russo spendesse in un anno 4 mila rubli in quel senso, pari a 100 euro, la Grecia incasserebbe 15 miliardi di euro in esportazioni.

L’Europa è nata proprio per far star bene insieme tanti popoli diversi e fin troppo spesso, nel corso dei secoli, impegnati a farsi la guerra. E dietro i freddi dati dell’economia si celano dati molto più sensibili come la compattezza sociale, la solidità morale, la capacità di costruire un futuro. Trasformare la vita dei greci in una lotta permanente per la sopravvivenza aiuterà poco l’economia della nazione e sarà di grande danno per l’Europa.

Pubblicato su Avvenire del 17 maggio 2012

Fulvio Scaglione

Mi chiamo Fulvio Scaglione, sono nato nel 1957, sono giornalista professionista dal 1983. Dal 2000 al 2016 sono stato vice-direttore del settimanale "Famiglia Cristiana", di cui nel 2010 ho anche varato l'edizione on-line. Sono stato corrispondente da Mosca, ho seguito la transizione della Russia e delle ex repubbliche sovietiche, poi l'Afghanistan, l'Iraq e i temi del Medio Oriente. Ho pubblicato i seguenti libri: "Bye Bye Baghdad" (Fratelli Frilli Editori, 2003) e "La Russia è tornata" (Boroli Editore, 2005), "I cristiani e il Medio Oriente" (Edizioni San Paolo, 2008), "Il patto con il diavolo" (Rizzoli 2017).

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