DOPO IL VOTO 1: FAVOLE SULLA CRESCITA

Proteste in Grecia con la politica del "rigore".

Si deposita la polvere dell’ondata di elezioni. In Francia ha vinto Hollande, in Gran Bretagna i laburisti, in Grecia han vinto solo i neonazisti, in Italia han perso tutti tranne Grillo. Non sono i risultati numerici, però, a preoccupare, ma le conclusioni politiche. Su tutte, due mi paiono ridicolmente disastrose.

Proteste in Grecia con la politica del "rigore".

La prima sta in tutto il vano, anzi dannoso, parlare che si fa di crescita. Intanto, non si capisce bene perché sembri una cosa intelligente invocare la crescita mentre la crisi economica schiaccia il mondo ormai da quattro anni. Se ci fosse la crescita non ci sarebbe la crisi, o no? E se c’è la crisi (e quella c’è di sicuro), ovviamente, difficilmente ci può essere anche la crescita.

Ma quel che è peggio, è che i tantissimi demagoghi parlano della “crescita” come di una strategia opposta al “rigore”, come se fosse possibile scegliere. E fesso, ovviamente, chi sceglie il “rigore”. Chi parla così andrebbe mandato in miniera. Molti piangono sulla Grecia e sulla triste sorte dei greci. Nessuno che ricordi alcuni fatti elementari: la Grecia, mentendo persino in sede Ue, aveva accumulato un deficit del 144,2% rispetto al Pil (Prodotto interno lordo). Ciò vuol dire che per 1 euro guadagnato, lo Stato greco e i greci ne spendevano 1,44. Qualunque casalinga può spiegare ai politici greci che così si finisce rapidamente in malora.

Ancora: come uscito sui giornali, in tutta la Grecia solo 15 mila contribuenti dichiarano un imponibile superiore ai 100 mila euro l’anno.  Lo Stato greco, e non da oggi, ha in pratica rinunciato a esigere le tasse, tanto che si è persino parlato di affidarne l’esazione ad aziende private. Tedesche, naturalmente. L’evasione fiscale in Grecia vale 40 miliardi di euro l’anno, tra il 20 e il 25% dell’intero Pil greco. Quindi, a voler essere minimamente onesti, bisogna dire tre cose:

1. la Grecia sta esattamente dove deve stare e dove sarebbe inevitabilmente finita

2. oggi non esiste modo per cui la Grecia possa pensare alla “crescita”, e con quei comportamenti non esisteva nemmeno prima

3. la Grecia potrebbe varare una politica di “crescita” se trovasse qualcuno disposto a prestarle fondi enormi. Ovviamente nessuno lo è, visto che i greci spendevano come pazzi e truffavano lo Stato. D’altra parte voi prestereste i vostri risparmi, mettendo a rischio la stabilità e il benessere della vostra famiglia, a un noto scialacquatore e debitore? Io no. Checché se ne dica, l’Unione Europea ha trovato il coraggio di aiutare i greci con 130 miliardi di euro. E nonostante questo ora la disoccupazione in Grecia è al 22%. Chi altri volete che butti denaro in quel calderone?

Il discorso fatto per la Grecia vale, seppure con altre tonalità, per molti altri Paesi d’Europa. Per l’Italia, che è arrivata al 120% di deficit sul Pil (entra 1 euro, ne esce 1,2). O per il Portogallo, al 93%, o l’Irlanda, al 92,5% (in pratica, entra 1 euro e ne esce 1).  Naturalmente, il debito di ogni Paese viene valutato sullo sfondo di altri fattori (dimensioni, risorse naturali, capacità imprenditoriali, garanzie che possono essere offerte; infatti gli Usa hanno un enorme debito pubblico, ma essendo la potenza industriale e tecnologica e militare che sono, lo rifinanziano regolarmente).  Ma resta il fatto che se non hai riserve, devi chiedere prestiti. Ai grandi debitori i prestiti costano cari (questo è lo spread), e questo costo concorre ovviamente ad aumentare il debito.

Se poi pensiamo che tutti i Paesi europei hanno il fiato corto ( Spagna, debito al 68,5%;  Francia, 82,3%; Gran Bretagna, 80%), che la produzione industriale è depressa, che le economie europee sono interconnesse e che i Paesi con grandi riserve valutarie (Russia o Cina, per esempio) hanno dovuto spendere molto per affrontare la crisi, ecco che “farsi fare il mutuo” diventa sempre più difficile.

C’è un’unica strada: smettere di essere grandi debitori, diventando così più affidabili. E per ridurre il debito c’è una sola strada: quella che si chiama, appunto, “rigore”. Nei fatti, senza il “rigore” non vi può essere la “crescita”. Quasi tutto il resto è fumo.

Prossimamente: la soluzione non è la crescita ma l’equità.

 

 

 

 

Fulvio Scaglione

Mi chiamo Fulvio Scaglione, sono nato nel 1957, sono giornalista professionista dal 1983. Dal 2000 al 2016 sono stato vice-direttore del settimanale "Famiglia Cristiana", di cui nel 2010 ho anche varato l'edizione on-line. Sono stato corrispondente da Mosca, ho seguito la transizione della Russia e delle ex repubbliche sovietiche, poi l'Afghanistan, l'Iraq e i temi del Medio Oriente. Ho pubblicato i seguenti libri: "Bye Bye Baghdad" (Fratelli Frilli Editori, 2003) e "La Russia è tornata" (Boroli Editore, 2005), "I cristiani e il Medio Oriente" (Edizioni San Paolo, 2008), "Il patto con il diavolo" (Rizzoli 2017).

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