L’UCRAINA E LO SPORT STRABICO

La Tymoshenko fotografata in carcere.

Non è un boicottaggio, ma comincia a somigliargli. Cresce infatti nell’Europa politica la tentazione di disertare i campionati, europei appunto, di calcio che l’Ucraina ospiterà tra poco più di un mese in condominio con la Polonia. La pietra dello scandalo è il “caso Tymoshenko”: l’ex premier l’anno scorso è stata condannata a 7 anni di carcere per un presunto “abuso d’ufficio” (avrebbe acquistato, quand’era primo ministro, gas russo a prezzi gonfiati), dopo quello che a quasi tutti è parso più un regolamento di conti che un processo. In carcere, a detta dei suoi sostenitori, le sue condizioni di salute si sono gravemente deteriorate e nei giorni scorsi sarebbe stata addirittura pestata dalle guardie.

La Tymoshenko fotografata in carcere.

In Ucraina le proteste contro la condanna e contro il regime del presidente Janukovic non si sono mai placate. In Europa ha cominciato la mobilitazione Viviane Reding, commissario Ue alla Giustizia, dicendo che non avrebbe presenziato alla partita inaugurale dei campionati e chiedendo ai colleghi di “riflettere sull’opportunità di andare in Ucraina”. Nelle ultime ore l’accelerazione. La cancelliera tedesca Angela Merkel, secondo rivelazioni di Der Spiegel, non si farà vedere se la Tymoshenko non sarà liberata. Altrettanto ha deciso José Manuel Barroso, presidente della Commissione europea. E il nostro ministro dello Sport, Piero Gnudi, ha dichiarato che “quando vengono violati i diritti soggettivi e i principi democratici, lo sport non può voltarsi dall’altra parte”, dando così voce a quello che pare il sentimento del Governo.

L’intervento a gamba tesa, però, l’Ucraina l’ha subito dall’Uefa, l’Unione delle federazioni europee del calcio, ovvero l’ente promotore dei campionati che Ucraina e Polonia dovrebbero ospitare. Il suo direttore operativo, Martin Kallen, ha parlato di situazione “potenzialmente pericolosa” in Ucraina e ha accennato all’ipotesi di rinviare il torneo di un anno. I vertici Uefa prima hanno smentito, poi si sono esercitati anch’essi sul “caso Tymoshenko”, complicando ancor più la faccenda.

A questo punto sarà bene mettere un po’ d’ordine, perché poche cose sono più dannose delle buone intenzioni esercitate male. Il pasticcio vero l’hanno combinato Kallen e la Uefa. In Ucraina, a Dnepropetrovsk, sono appena esplose quattro bombe che solo per miracolo non hanno fatto decine di morti. Dire che il pericolo può far rinviare i campionati significa penalizzare gli ucraini e, soprattutto, dare un ottimo incentivo ai criminali, che ora sanno che cosa devono fare per ottenere il loro scopo.

Per il resto, è giusto che la politica prenda posizione e che lo sport, come dice il ministro Gnudi, non si volti dall’altra parte. La vicenda della Tymoshenko è vergognosa e va stigmatizzata. Vien da chiedersi, però, dov’erano tutti (la Merkel, cancelliera anche dei piloti Schumacher e Rosberg, o Barroso…) quando, solo due settimane fa, il circo della Formula Uno si è esibito in Bahrein, dove nell’ultimo anno, con la complicità dell’esercito dell’Arabia Saudita, sono state uccise decine di persone (e molte altre incarcerate e torturate) solo perché chiedevano un po’ di democrazia. Forse l’Ucraina merita di essere messa alla gogna, ma non da sola e non per prima. Non ricordiamo, per fare altri piccoli esempi, particolare sdegno per gli eventi sportivi con la Tunisia quando il Paese era dominato dal clan di Ben Alì (che i soprusi “alla Tymoshenko” li produceva a migliaia), né ostilità verso il figlio del tiranno Gheddafi che tentava la strada del campionato di calcio italiano.

Perché in effetti è bello quando lo sport apre gli occhi sulla realtà. Ma è bruttissimo quando dà l’impressione di aprirli e chiuderli a comando.

Pubblicato su Avvenire del 1 maggio 2012

Fulvio Scaglione

Mi chiamo Fulvio Scaglione, sono nato nel 1957, sono giornalista professionista dal 1983. Dal 2000 al 2016 sono stato vice-direttore del settimanale "Famiglia Cristiana", di cui nel 2010 ho anche varato l'edizione on-line. Sono stato corrispondente da Mosca, ho seguito la transizione della Russia e delle ex repubbliche sovietiche, poi l'Afghanistan, l'Iraq e i temi del Medio Oriente. Ho pubblicato i seguenti libri: "Bye Bye Baghdad" (Fratelli Frilli Editori, 2003) e "La Russia è tornata" (Boroli Editore, 2005), "I cristiani e il Medio Oriente" (Edizioni San Paolo, 2008), "Il patto con il diavolo" (Rizzoli 2017).

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