EGITTO, PRESIDENZIALI COL BOTTO

Khairat al Shater, candidato alla presidenza per i Fratelli Musulmani.

La corsa alle presidenziali, in Egitto, non si nega alcun colpo di scena. Con una serie di sentenze a sorpresa, la Commissione elettorale  ha cancellato dalle elezioni i tre candidati principali: Khairat al Shater, numero due dei Fratelli Musulmani; Hazim Salah abu Ismail, il candidato dei salafiti; e Omar Suleiman, per vent’anni capo dei servizi segreti egiziani, ex braccio destro di Mubarak, favorito dei militari.

Khairat al Shater, candidato alla presidenza per i Fratelli Musulmani.

Le ragioni per cui le maggiori forze in campo (Fratelli Musulmani, salafiti ed esercito, appunto) si son viste decapitare la lista sono molto serie o molto pretestuose, a secondo del punto di vista. Al Shater, che è un ricchissimo industriale del settore tessile ma ai tempi di Mubarak finì ugualmente più volte in prigione, è stato eliminato proprio perché uscito di prigione solo nel marzo 2011 (cioè con la caduta del dittatore), mentre la legge elettorale stabilisce che l’eventuale candidato debba eseere libero dal carcere da non meno di sei anni.

Abu Ismail, l’avvocato salafita che propugna la rottura del trattato di pace con Israele ed esalta l’Iran come modello di affrancamento dalla politica Usa, è stato eliminato perché sua madre, già deceduta, aveva la cittadinanza americana. Lui nega e sostiene che si trattasse solo di una green card (permesso di soggiorno e lavoro) ma la commissione non ha sentito ragione. E Suleiman, gradito ai generali e alla Casa Bianca, è stato invece eliminato perché delle 30 mila firme presentate a sostegno della sua candidatura (come richiede la legge), 31 sono risultate irregolari.

I provvedimenti contengono una certa dose di ironia, forse involontaria. Suleiman è stato appiedato da una regola che lui stesso aveva introdotto, ai tempi di Mubarak, per rendere quasi impossibile qualunque candidatura ostile al Rais. E il salafita Abu Ismail è stato fatto fuori da una regola che proprio gli islamisti radicali avevano preteso per scoraggiare qualunque “complicità” con l’Occidente.

Omar Suleiman.

Anche se i tre candidati eliminati hanno già presentato ricorso, la scure della Commissione elettorale ha riportato la corsa ai blocchi di partenza. Una specie di doccia fredda su una situazione che si stava già surriscaldando e in cui nessuna delle parti in causa mostrava la minima intenzione di mantenere i buoni propositi dichiarati al popolo. I militari hanno sempre sostenuto di essere al potere in via provvisoria e solo per garantire un Governo nell’emergenza, disponibili a cedere il posto a un governo di civili non appena riformata la Costituzione (fatto) ed eletto il nuovo Presidente (tra un mese, appunto). Ma Suleiman è il “loro” candidato, anzi, è uno di loro. Ed è anche un politico che non ha temuto di dire a chiare lettere che l’Egitto non è ancora pronto per la democrazia.

I Fratelli Musulmani avevano giurato e spergiurato di non avere pretese sulla presidenza, proprio per rassicurare gli osservatori vicini (Israele, in primo luogo) e lontani (gli Usa, che molto contribuiscono alla stabilità dell’Egitto): ma la vittoria nelle elezioni politiche, da cui sono usciti di gran lunga come il primo partito, li ha ingolositi. La commissione elettorale ha menato i suoi fendenti ma, qualunque cosa succeda ai tre candidati eliminati, una cosa è già chiara. Dal quadro politico sono state emarginate forze minoritarie ma non per questo meno importanti per il futuro del Paese: i gruppi, laici e giovanili, che furono in prima fila nella rivolta di piazza Tahrir; e i cristiani copti, circa il 10% della popolazione dell’Egitto, ai quali è tra l’altro venuto a mancare, poche settimane fa, il papa Shenuda III, una figura molto esperta e rispettata.

Fulvio Scaglione

Mi chiamo Fulvio Scaglione, sono nato nel 1957, sono giornalista professionista dal 1983. Dal 2000 al 2016 sono stato vice-direttore del settimanale "Famiglia Cristiana", di cui nel 2010 ho anche varato l'edizione on-line. Sono stato corrispondente da Mosca, ho seguito la transizione della Russia e delle ex repubbliche sovietiche, poi l'Afghanistan, l'Iraq e i temi del Medio Oriente. Ho pubblicato i seguenti libri: "Bye Bye Baghdad" (Fratelli Frilli Editori, 2003) e "La Russia è tornata" (Boroli Editore, 2005), "I cristiani e il Medio Oriente" (Edizioni San Paolo, 2008), "Il patto con il diavolo" (Rizzoli 2017).

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