Per Giulio Terzi di Sant’Agata, ministro degli Esteri nel Governo Monti, la disputa con l’India sull’incidente che ha coinvolto la petroliera “Enrica Lexie”, e i soldati incaricati di difenderla, non è la prima “grana”. Basta pensare alla ricucitura del rapporto con la Libia per capirlo. Ma è la prima “grana” vera, totale, politica.
Ci spieghiamo meglio. Nella carriera di diplomatico, Terzi di Sant’Agata ha vissuto molti momenti forti. Era consigliere politico presso la rappresentanza italiana alla Nato mentre la Germania si riunificata, l’Urss cadeva e la Nato affrontava la prima Guerra del Golfo. E’ stato primo consigliere, ministro e infine vice-rappresentante permanente per l’Italia alle Nazioni Unite all’epoca della guerra in Bosnia, della Somalia impazzita, delle stragi nella regione africana dei Grandi Laghi. Ma l’attuale disputa con l’India, per come si è dipanata dal momento in cui i marò imbarcati sulla “Enrica Lexie” hanno sparato sui pirati, o sul peschereccio scambiato per nave pirata, richiede l’intervento del diplomatico come del ministro, del tecnico come del politico, dell’uomo che conduce una trattativa nell’ombra come dell’uomo di Stato che, senza cedere né eccedere, tiene alta la bandiera dell’interesse e della dignità nazionale.
Prima o poi scopriremo che cosa davvero è successo in quel tratto del Golfo del Bengala, dove le incursioni dei pirati sono frequenti. Capiremo, quindi, se l’aspetto pacifico del peschereccio St. Anthony nascondesse intenzioni ostili (come sostengono i nostri soldati) oppure se la reazione del gruppo di difesa della petroliera sia stata eccessiva o addirittura male indirizzata.
E’ chiaro, però, che sul lutto degli indiani (due morti), sulla ricostruzione degli eventi e sulla disputa in punta di diritto (acque internazionali o acque indiane? Quindi: giurisdizione del Paese di bandiera, cioè l’Italia, o del Paese cui competono le acque, quindi l’India?) si sono innestate altre dinamiche. In India domina il Partito del Congresso, che nelle elezioni del 2009 ha mancato la maggioranza assoluta per soli 16 seggi. Il Partito, a sua volta, ha un gruppo dirigente che ruota intorno alla famiglia Gandhi, il cui esponente di spicco ora è Sonia, naturalizzata indiana da decenni ma dalle indimenticabili origini italiane.
L’opposizione ha giocato la “carta italiana”. Perché i due soldati sono stati fermati solo quattro giorni dopo la sparatoria? Se la nave fosse appartenuta a un altro Paese, il Governo si sarebbe mosso allo stesso modo? Il Governo, il Partito del Congresso e i Gandhi devono quindi dimostrare che non v’è stata nè vi sarà alcuna indulgenza. E devono farlo in fretta, perché Rahul Gandhi, figlio di Sonia e aspirante premier, è impegnato nella battaglia elettorale per la riconquista dell’Uttar Pradesh, 200 milioni di abitanti, lo Stato del Nord che porta in Parlamento il maggior numero di rappresentanti. A questo si aggiunge che lo Stato del Kerala, da cui venivano i pescatori uccisi, ha dato la maggioranza al Fronte democratico unito (che comprende il Congresso) ma di stretta misura. Quindi la Gandhi deve anche placare gli elettori locali, i più coinvolti.
Tutto questo in un Paese emergente, orgoglioso e ambizioso, e in un mercato che i nostri imprenditori cercano in molti modi di agganciare. Ecco perché la sfida per il ministro Terzi è impegnativa, ecco perché serve tanto il fine diplomatico quanto l’energico ministro. Bisognerà fare giustizia, dare soddisfazione all’India, difendere il buon diritto dei nostri soldati a un’indagine equa e giusta. Non sarà facile.
Pubblicato sull’Eco di Bergamo del 23 febbraio 2012