IRAQ, LA DELUSIONE DI CHI AIUTO’ GLI USA

Un interprete iracheno con due donne soldato Usa a Baghdad.

E’ una delle tragedie della guerra in Iraq. Forse non la più clamorosa e nemmeno quella più cruenta, ma è ugualmente una tragedia. E’ quella degli iracheni che dopo il 2003 aiutarono le truppe straniere arrivate per abbattere il regime di Saddam Hussein, e in particolare quelle americane, le più odiate dai fedelissimi del Rais (pochi) e dai miliziani di vario genere (moltissimi).

Un interprete iracheno con due donne soldato Usa.

Quasi tutte queste persone avevano visto nella collaborazione con gli “invasori” forse una possibilità di cambiare il destino del proprio Paese, certo un’occasione per cambiare il destino proprio e della propria famiglia con un lavoro meglio pagato e con la prospettiva di potersi un giorno trasferire fuori dall’Iraq. Non si parla di poche persone, anche se l’esito del calcolo dipende molto dai criteri che si usano e dalla fonte a cui ci si rivolge. Perché i diversi Governi coinvolti rifiutano di fornire statistiche ufficiali, e meno che meno liste di nomi. Solo gli interpreti pare siano stati almeno 20 mila.

L’Iraqi Refugee Assistance Project dello Urban Justice Center, una Ong americana, valuta che ancora nel 2010 gli iracheni impiegati dalle sole forze armate Usa erano 44 mila e che gli iracheni che avrebbero diritto a un visto per entrare negli Stati Uniti siano più di 60 mila, ovvero 30 mila impiegati più i loro familiari. Kirk Johnson, che nel 2005 lavorava a Fallujah per Usaid (United States Agency for International Development) e poi ha fondato una Ong chiamata The List Project, avanza cifre anche molto maggiori: 100 mila, forse 120 mila.

Quegli impieghi ben pagati erano anche impieghi ad alto rischio. Sempre secondo calcoli non ufficiali, negli anni tra il 2003 e il 2010 sarebbero stati uccisi almeno mille interpreti iracheni. Un file della Titan, un’agenzia privata americana che forniva interpreti iracheni all’esercito Usa, è stato rivelato al sito di giornalismo investigativo  Pro Publica: in esso compaiono i nomi di 300 traduttori iracheni uccisi in Iraq tra il 2003 e il 2008. Ed è l bilancio di un solo datore di lavoro. Il ruolo del “collaboratore” era rischioso allora, quando le truppe Usa ancora combattevano, ma non è meno pericoloso adesso, quando l’Iraq è ancora scosso da una crudele violenza settaria e la protezione americana è venuta meno per il ritiro del contingente.

Il Governo americano non è stato insensibile alla questione. Nel 2007 (quindi ancora con l’amministrazione Bush in carica), il Congresso autorizzò un programma di “visti speciali” per gli iracheni: 5 mila visti l’anno per un totale di 25 mila visti, diceva la legge. Purtroppo finora di visti agli iracheni ne sono stati concessi solo 3.317 (in tutto, non all’anno). Le ragioni sono diverse: alcuni di loro per esempio sono spariti (forse morti, forse emigrati in altri Paesi come Siria o Giordania, forse non più desiderosi di partire), ma i più sono tenuti alla larga dal territorio americano dalle misure di sicurezza decise dopo gli attentati alle Torri Gemelle e all’epoca dell’intervento contro Saddam Hussein. Come essere sicuri, infatti, che il leale collaboratore di una volta non sia diventato, col tempo, un islamista? O anche solo un criminale?

Così sia il Governo Bush sia il Governo Obama si sono tenuti ben lontani dalle quote di visti che si erano impegnati a concedere. E l’andamento peggiora in vista delle elezioni presidenziali di novembre 2012: nel marzo 2011 solo 7 visti sono stati concessi, in aprile solo 9, mentre in certi mesi del 2010 erano stati anche 200. I Governi europei non si sono comportati molto meglio e tutto insieme questo produce una brutta pagina di storia.

 

 

 

 

Fulvio Scaglione

Mi chiamo Fulvio Scaglione, sono nato nel 1957, sono giornalista professionista dal 1983. Dal 2000 al 2016 sono stato vice-direttore del settimanale "Famiglia Cristiana", di cui nel 2010 ho anche varato l'edizione on-line. Sono stato corrispondente da Mosca, ho seguito la transizione della Russia e delle ex repubbliche sovietiche, poi l'Afghanistan, l'Iraq e i temi del Medio Oriente. Ho pubblicato i seguenti libri: "Bye Bye Baghdad" (Fratelli Frilli Editori, 2003) e "La Russia è tornata" (Boroli Editore, 2005), "I cristiani e il Medio Oriente" (Edizioni San Paolo, 2008), "Il patto con il diavolo" (Rizzoli 2017).

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