PALESTINA, ONU E ISRAELE: LO SCAMBIO

Daniel Levy.

DI DANIEL LEVY – Il fatto nuovo è il tentativo sempre più dichiarato e aperto di trasferire nello stesso Israele una versione del regime mnon democratico in vigore nei territori occupati. Una coalizione di integralisti religiosi nazionali (i coloni, in estrema sintesi) e di nativisti nazionalisti (i quali sono spesso immigrati dall’ex Unione Sovietica) sta perseguendo uno Stato ebraico etnocratico da realizzare a spese dello Stato ebraico democratico.

Lo spazio della democrazia viene giorno per giorno compresso con i tentativi di limitare la libertà dalle Ong, di cambiare il processo di selezione dei giudici della Corte Suprema e di aumentare il controllo sui media da parte del Governo e dei suoi fedelissimi. Non dimentichiamo, tra l’altro, che Israele è sempre stato una democrazia molto imperfetta per i suoi cittadini arabi palestinesi. I sostenitori di questa visione di Israele reclamano con forza il diritto a definirsi gli unici autentici sionisti. Oggi sono loro ad avere il vento in poppa. Mentre i liberali israeliani tendono a essere ossessionati assai più dal “pericolo Haredim”, sono invece i coloni-nazionalisti avere una visione per tutto Israele e non solo per una singola comunità. Ed è una visione profondamente antidemocratica.

Daniel Levy.

E’ difficile credere che la democrazia riuscirà vittoriosa in Israele se il Paese dovrà continuare a giustificare e gestire un’occupazione non democratica. La lotta per la democrazia in Israele deve comprendere la lotta per la fine dell’occupazione e per creare una vera democrazia per tutti i cittadini di Israele, ebrei e non ebrei allo stesso modo. Dobbiamo accettare una verità evidente: la società israeliana, sotto un tale duplice attacco, trova con difficoltà il coraggio e la saggezza per mettere fine all’occupazione. Israele avrebbe bisogno di un po’ di aiuto da parte dei palestinesi. Per affrontare i passi necessari per salvare la propria democrazia e persino il proprio futuro, potrebbe essere necessario che i palestinesi rendano lo status quo meno accettabile.

L’ammissione della Palestina alle Nazioni Unite non avrebbe cambiato le cose nel giro di una notte, ma sarebbe stata un passo in una direzione tale da scuotere lo status quo. I palestinesi hanno delle alternative. Una di queste è aspettare: fino a che la soluzione dei due Stati sarà del tutto impossibile e la democrazia israeliana ancor più erosa. Le autorità di Israele e i loro più grintosi supporter negli Usa si sono molto adirati per il tentativo dei palestinesi di entrare nel novero delle nazioni dell’Onu, ma la pazienza palestinese, e non l’impazienza dimostrata con le manovre all’Onu, potrebbe essere il fattore più devastante per il futuro di Israele.

di Daniel Levy

3.fine – originariamente pubblicato su Slate

Daniel Levy, politologo e diplomatico, è stato tra l’altro consigliere politico del ministro israeliano della Giustizia Yossi Beilin (2000-2001), consigliere speciale del primo ministro Ehud Barak e capo dell’unità “Affari di Gerusalemme” con il ministro Haim Ramon nel 2005. Levy è stato inoltre tra i negoziatori israeliani degli Accordi di Ginevra e degli Accordi definiti  ”Oslo 2″.

 

 

Fulvio Scaglione

Mi chiamo Fulvio Scaglione, sono nato nel 1957, sono giornalista professionista dal 1983. Dal 2000 al 2016 sono stato vice-direttore del settimanale "Famiglia Cristiana", di cui nel 2010 ho anche varato l'edizione on-line. Sono stato corrispondente da Mosca, ho seguito la transizione della Russia e delle ex repubbliche sovietiche, poi l'Afghanistan, l'Iraq e i temi del Medio Oriente. Ho pubblicato i seguenti libri: "Bye Bye Baghdad" (Fratelli Frilli Editori, 2003) e "La Russia è tornata" (Boroli Editore, 2005), "I cristiani e il Medio Oriente" (Edizioni San Paolo, 2008), "Il patto con il diavolo" (Rizzoli 2017).

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