ISRAELE E PALESTINESI, TUTTO IMMOBILE

Le proteste del movimento J14 a Tel Aviv (Israele).

DI DANIEL LEVY – Mentre il 2011 sarà ricordato come un anno tumultuoso per il Medio Oriente, la più celebre e clamorosa delle questioni regionali, il conflitto tra Israele e i palestinesi, meriterà appena una nota a piè di pagina. Il ritmo glaciale degli sviluppi su quel fronte non potrebbe essere più dissonante rispetto alla frenesia che regna tutt’intorno. Finora non c’è stata alcuna Primavera palestinese (mentre ci sono state dimostrazioni a ritmo settimanale nei villaggi palestinesi toccati dalle conseguenze delle confische di terre condotte da Israele) e l’intero anno è passato senza registrare nemmeno un giorno di colloqui di pace tra palestinesi e israeliani (ripresi in parte il 3 gannaio in Giordania, anche se in un clima di basse aspettative). Al contrario, il 2011 è stato segnato dalla continuità più che dal cambiamento: più occupazione, più insediamenti, più divisioni tra i palestinesi, e su ogni lato il prevalere di una sostanziale miopia strategica.

Le proteste del movimento J14 a Tel Aviv (Israele).

Il che è esattamente l’opposto di quanto era stato promesso. L’Assemblea Generale delle Nazioni Unite in Settembre avrebbe dovuto essere un drammatico punto di partenza sulla scena israelo-palestinese. Il problema palestinese avrebbe dovuto essere di nuovo spinto in cima all’agenda internazionale, e anche se la Palestina non sarebbe diventata subito lo Stato membro numero 194, non ci sarebbe stato alcun passo indietro rispetto alla nuova fase in cui diplomazia, necessità e mobilitazione popolare erano entrate, sullo sfondo del Risveglio Arabo.

Purtroppo la mossa palestinese alle Nazioni Unite si è rivelata un petardo con le polveri bagnate. Non c’è stato alcun voto al Consiglio di Sicurezza sullo status di Stato membro e in ogni caso il veto degli Usa è garantito. I palestinesi non sono entrati nell’Assemblea Generale e la loro campagna per entrare nelle Nazioni Unite è finita quasi prima di cominciare, con l’eccezione dell’Unesco. E non c’è stato alcuno sviluppo, né in diplomazia né sul terreno. Il Fronte per la liberazione della Palestina mostra tutti i segni di una pesante confusione mentale.

In modo forse sorprendente, è stata proprio la società israeliana ad avvicinarsi sempre più ai propri vicini nel 2011. Gli sviluppi interni a Israele sembrano annunciare eccitanti sviluppi. Una tendopoli è sorta nel centro di Tel Aviv e il movimento di protesta sociale J14 ha prodotto alcune delle più massicce manifestazioni nella storia di Israele chiedendo più eguaglianza e maggiori investimenti sociali.

Daniel Levy.

Gran parte del 2011 e l’inizio del 2012, però, sono stati caratterizzati dall’ancor più evidente turbamento della democrazia israeliana, mentre lo scivolamento di Israele verso l’intolleranza, il fondamentalismo e la xenofobia incrementa il suo ritmo. Questo fenomeno, a differenza del movimento J14, si è mosso tanto dall’alto in basso quanto dal basso in alto. Mentre i coloni radicali sradicavano gli oliveti palestinesi, attaccavano i progressisti israeliani e danneggiavano le jeep dell’esercito israeliano, i membri della coalizione di Governo promuovevano una legislazione destinata a ridurre la libertà d’azione delle Ong israeliane e a impedire ai cittadini di Israele di origine araba di commemorare la loro storia, e intanto costituivano commissioni per indagare sulle attività “anti-israeliane” dell’organizzazione americana J Street (il parlamentare del Likud Ofir Akunis ha persino elogiato il senatore McCarthy come un esempio).

di Daniel Levy

1. continua – originariamente pubblicato su Slate

Daniel Levy, politologo e diplomatico, è stato tra l’altro consigliere politico del ministro israeliano della Giustizia Yossi Beilin (2000-2001), consigliere speciale del primo ministro Ehud Barak e capo dell’unità “Affari di Gerusalemme” con il ministro Haim Ramon nel 2005. Levy è stato inoltre tra i negoziatori israeliani degli Accordi di Ginevra e degli Accordi definiti  “Oslo 2”.


Fulvio Scaglione

Mi chiamo Fulvio Scaglione, sono nato nel 1957, sono giornalista professionista dal 1983. Dal 2000 al 2016 sono stato vice-direttore del settimanale "Famiglia Cristiana", di cui nel 2010 ho anche varato l'edizione on-line. Sono stato corrispondente da Mosca, ho seguito la transizione della Russia e delle ex repubbliche sovietiche, poi l'Afghanistan, l'Iraq e i temi del Medio Oriente. Ho pubblicato i seguenti libri: "Bye Bye Baghdad" (Fratelli Frilli Editori, 2003) e "La Russia è tornata" (Boroli Editore, 2005), "I cristiani e il Medio Oriente" (Edizioni San Paolo, 2008), "Il patto con il diavolo" (Rizzoli 2017).

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