Il Center for Economic and Business Research (in breve: Cebr) è uno dei più rinomati centri di analisi dell’Occidente. Tra fine 2011 e inizio 2012 ci ha dato alcune notizie e previsioni. La Russia, che nel 2010 era l’undicesima economia del mondo per dimensioni, diventerà la quarta nel 2020 e l’India, che era al nono posto, salirà al quinto.
E ancora miglioramenti sul fronte asiatico: la Thailandia passerà dal 32° posto al 25°, Taiwan dal 24° al 18°, la Corea del Sud dal 15% al 12°. Pollice verso per la povera Europa: la Germania tra il 2010 e il 2020 perderà 3 posizioni (dal 4° al 7° posto), la Gran Bretagna 2 (dal 6° all’8°), la Francia addirittura 4 (dal 5° al 9°).
Queste le previsioni. Più interessante, però, la notizia: nel 2011 il Brasile è diventato la sesta potenza economica del mondo, prendendo il posto della Gran Bretagna dietro Usa, Cina, Giappone, Germania e Francia. Ottava la nostra Italia che, sempre secondo il Cebr, diventerà decima nel 2020.
Quella del Brasile è stata una cavalcata incredibile verso il benessere, cominciata solo dieci anni fa, il 27 ottobree 2002, quando Luiz Ignacio Lula da Silva, ex sindacalista, diventò presidente. Non gli credeva nessuno. Io per primo, per quel che vale, insieme con i vertici della finanza mondiale: il real, la valuta brasiliana, dopo l’elezione crollò rispetto al dollaro, la Borsa sprofondò, il rating internazionale del Paese divenne una barzelletta. Quest’anno, invece, il Brasile crescerà del 3,5% mentre nel 2011 è cresciuto del 7,5%.
Qualcuno ha fatto notare che il Brasile è l’unico dei Paesi del cosiddetto Bric (il gruppo di economie emergenti formato, appunto, da Brasile, Russia, India e Cina) a non avere la bomba atomica né l’ossessione del riarmo. E’ uno spunto affascinante ma ciò che bisognerebbe sopra ogni cosa notare è che il “miracolo Lula” è consistito in primo luogo in una gigantesca opera di riscatto sociale.
In questi dieci anni sono stati creati 15 milioni di posti di lavoro e 28 milioni di persone (circa il 15% della popolazione totale) sono state sottratte alla povertà. Nel contempo si è rinsaldata la classe media, così che oggi i brasiliani che guadagnano tra 450 e 2.200 euro sono più di metà della popolazione. Livelli di reddito lontano da quelli europei. Ma la preidentessa Dilma Roussef pochi mesi fa, quando era ancora “solo” ministro, ha varato un piano per la costruzione di infrastrutture, scuole, case popolari e reti energetiche per 526 miliardi di dollari. Quale Paese europeo potrebbe oggi permetterselo?