Poiché molti, sbagliando ancora una volta, sulla questione dell’Ici fanno il paragone tra la situazione della Chiesa italiana e quella della Chiesa ortodossa in Grecia, ripubblico qui pari pari l’articolo comparso in proposito sul sito dell’Uaar (Unione atei e agnostici razionalisti, prego notare). Leggete e ditemi se le due situazioni (in linea di principio e anche sotto l’aspetto pratico) sono davvero paragonabili. Un’altra cosa: l’articolo del Corriere della Sera citato dalla rassegna dell’Uaar iniziava così: “Alla fine la Chiesa ortodossa non dovrà pagare”. Il che, viste invece le decisioni prese dal Governo greco, dimostra il radicalismo dell’articolista.
Ecco comunque l’articolo dell’Uaar.
“Il Parlamento di Atene ha recentemente approvato, con 155 sì e 142 contrari su 297 deputati, una legge per tassare gli immobili, visto il periodo di crisi profonda che vive la Grecia. A pagare queste tasse sarà anche la Chiesa ortodossa greca, per le proprietà utilizzate a fini commerciali, riporta Il Corriere. Non dovranno pagare monasteri, chiese, sedi di enti no profit e caritativi. La misura, pensata all’inizio come emergenziale, rimarrà in vigore per il futuro e verrà addebitata sul consumo dell’elettricità. Chi non paga rischierà quindi il taglio della corrente elettrica.
Il governo di George Papandreou ha introdotto, dal marzo 2010, una imposta del 20% sui redditi commerciali della Chiesa e l’aliquota dal 5 al 10% sulle donazioni. Il tema ha suscitato un dibattito serrato in Grecia, con la Chiesa ortodossa cercava di minimizzare l’entità delle proprie ricchezze. Secondo le stime, la Chiesa ortodossa in Grecia è il secondo proprietario fondiario dopo lo Stato (con 130mila ettari) e risulta primo azionista della Banca Nazionale. Il valore delle proprietà ecclesiastiche sarebbe tra i 700 e oltre il miliardo di euro”.
Potremmo anche smetterla con falsificazioni e sciocchezze. O no?