ICI, CHIESA E BERLUSCONI: PARTITA DOPPIA

Il tono conciliatorio sulla questione “Chiesa e Ici” adottato in queste ore dal cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Conferenza episcopale italiana, è la logica conseguenza della campagna da mesi, anzi da anni lanciata contro la Chiesa italiana, additata come profittatrice di una gigantesca evasione fiscale. Inevitabile, quindi, che venga letta come un’ammissione di colpa, nel migliore dei casi come il cedimento di fronte a una giustificata indignazione collettiva.

Molti sinceri cattolici di mia conoscenza pensano che questo atteggiamento, proprio perché espresso sotto pressione, sia un colossale disastro, almeno dal punto di vista comunicativo. E che una Chiesa italiana più attenta e anche più furba avrebbe potuto e dovuto fare in autonomia il primo passo, subito dopo il varo della Manovra Monti, rinunciando a qualcosa: per solidarietà verso i cittadini (fedeli e non) chiamati a duri sacrifici, e anche per disinnescare una lunga opera di diffamazione che era destinata ad attecchire nella mente di molte persone al pari disinformate ed esasperate dalla stretta economica. Per quel che vale, la penso esattamente come loro.

Resta però il fatto che la campagna non è stata condotta con queste argomentazioni. Ma con una serie di clamorosi falsi fabbricati ad arte, puntualmente riciclati e diffusi senza alcun filtro. Ecco le più comuni:

1. La Chiesa non paga l’Ici: falso, la Chiesa paga l’Ici su tutte le attività che non sono “assistenziali” o “di culto”, come stabilisce la legge.                                                                                                                                                                                                                       2. Basta una cappelletta per trasformare un albergo in un luogo di culto: falso, il principio generale è quello dell’utilizzo prevalente, per cui un grande ostello con una piccola chiesa all’interno paga, appunto, da ostello.                             3. Solo la Chiesa gode di certi privilegi: falso, il privilegio è condiviso con tutte le altre fedi e con musei (a patto che non svologano anche attività commerciali come vendita di souvenir o di libri); cinema (quelli non multisala); teatri non utilizzanti compagnie professionali e sale d’essai; palazzi istituzionali, enti previdenziali, sindacati, università, enti di ricerca e unità sanitarie locali; associazioni, fondazioni e comitati dediti ad attività socialmente utili. Organizzazioni di volontariato, organizzazioni non governative, associazioni di promozione sociale. Insomma, come la Chiesa sono Cigil, Cisl e Uil, l’Arci e così via.

Ma tant’è. Aggiunge al tutto un tocco di beffa pensare che gli iniziatori della campagna sono stati i Radicali, che estorcono ogni anno allo Stato (cioè a tutti noi) milioni di euro per mantenere la loro radio privata. La scusa? La trasmissione delle sedute parlamentari, servizio peraltro già garantito dai servizi parlamentari della Rai.

Quel che più m’interessa, adesso, è vedere come evolverà la cosa dal punto di vista politico. Un gruppo di parlamentari del Pd si era mosso qualche giorno fa, contro i famosi privilegi. Ma da quella parte, credo, la Cei non si aspettava molto. Che dire invece del gruppo di parlamentari del PdL che si sono mossi oggi, e ai quali il buon Berlusconi aveva lasciato “libertà di coscienza”, a dispetto degli antichi, ottimi rapporti con l’altro lato del Tevere? Lo stesso Berlusconi che nel 2005 aveva allargato i limiti del famoso “privilegio” ecclesiastico («anche gli immobili utilizzati per le attività di assistenza e beneficenza, istruzione, educazione e cultura pur svolte in forma commerciale se connesse a finalità di religione o di culto»), lasciando a Prodi il compito di ridimensionarlo nel 2006?

Curioso, no? Sembra che Berlusconi, adesso non più marciante nei ranghi del Family Day ma sensibile alle sirene radicali, sia un po’ arrabbiato con la Chiesa. Forse per quei tre ministri cattolici del Governo Monti? Chissà. Altre utili meditazioni per la Cei.

 

 

Fulvio Scaglione

Mi chiamo Fulvio Scaglione, sono nato nel 1957, sono giornalista professionista dal 1983. Dal 2000 al 2016 sono stato vice-direttore del settimanale "Famiglia Cristiana", di cui nel 2010 ho anche varato l'edizione on-line. Sono stato corrispondente da Mosca, ho seguito la transizione della Russia e delle ex repubbliche sovietiche, poi l'Afghanistan, l'Iraq e i temi del Medio Oriente. Ho pubblicato i seguenti libri: "Bye Bye Baghdad" (Fratelli Frilli Editori, 2003) e "La Russia è tornata" (Boroli Editore, 2005), "I cristiani e il Medio Oriente" (Edizioni San Paolo, 2008), "Il patto con il diavolo" (Rizzoli 2017).

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