EGITTO, LA PIAZZA E’ DI NUOVO IN FIAMME

Sono tornate le tende in piazza Tahrir, al Cairo. E purtroppo sono tornati i morti (tre, al momento in cui scriviamo), i feriti (oltre 300, dopo i 400 di Alessandria), le incursioni della polizia, persino il sequestro di alcuni agenti della sicurezza, “arrestati” dai dimostranti. Il tutto a pochi giorni dalle elezioni politiche, previste per il 28 novembre e dal Consiglio supremo delle Forze Armate, che da quasi un anno di fatto regge l’Egitto, confermate in quella data.

I disordini in piazza Tahrir, al Cairo.

Da settimane, ormai, il vento della Primavera Araba (quello stesso che continua a sconvolgere la Siria e lo Yemen e che ha già provocato cambiamenti importanti in Marocco, Tunisia e Giordania) ha ripreso a soffiare a piena forza sull’Egitto, manifestandosi soprattutto nelle grandi città come Il Cairo, appunto, e Alessandria. Al centro delle contestazioni la giunta militare e la sua politica, giudicata troppo attendista e conservatrice dai movimenti giovanili (Unione dei Giovani della Rivoluzione,  Movimento del 6 Aprile, Coalizione dei Giovani) che guidano la protesta.

Non a caso al Cairo, dalle migliaia di persone assiepate in Piazza Tahrir, sono partiti diversi cortei diretti verso le sedi dei ministeri, in particolare il ministero dell’Interno. Il trasferimento dei poteri dai militari ai civili, e in particolare la sospensione dei processi a carico di civili celebrati però davanti a corti militari, è la richiesta principale dei manifestanti, che accusano la giunta militare di aver sostanzialmente fallito nell’amministrazione del Paese.

Pesa, sull’opinione pubblica, soprattutto su quella giovanile, il sospetto di una tacita intesa tra i generali, desiderosi di conservare il potere su settori economicamente determinanti dello Stato, e i Fratelli Musulmani, che vedrebbero invece con favore una svolta “islamica” nelle politiche culturali.

Di fronte al crescente malumore dell’opinione pubblica, il Governo controllato dal Consiglio supremo delle Forze Armate ostenta una certa compattezza. Si è dimesso Emad Abou Ghazi, ministro della Cultura, indignato per le azioni violente della polizia contro la folla di Piazza Tahrir, che non ha voluto partecipare a una riunione d’emergenza tra ministri e generali. Ma la data delle elezioni è stata confermata e tutte le voci di rimpasto o dimissioni sono state smentite.

La pressione comunque cresce e non contribuisce a placarla la mano pesante adottata dal Governo per garantire l’ordine pubblico: ogni manifestazione, sia essa laica o a sfondo religioso, si conclude ormai con il computo dei morti. E l’insoddisfazione, per quanto espressa in modo concreto e visibile nelle grandi città, riguarda strati sempre più ampi della popolazione: i cristiani (circa il 10% della popolazione) che non si sentono protetti nei loro diritti; i giovani, emarginati da un’economia clientelare e corrotta e mutilata di una delle sue maggiori risorse, il turismo; le donne, che temono una ricaduta nel tradizionalismo musulmano.

Fulvio Scaglione

Mi chiamo Fulvio Scaglione, sono nato nel 1957, sono giornalista professionista dal 1983. Dal 2000 al 2016 sono stato vice-direttore del settimanale "Famiglia Cristiana", di cui nel 2010 ho anche varato l'edizione on-line. Sono stato corrispondente da Mosca, ho seguito la transizione della Russia e delle ex repubbliche sovietiche, poi l'Afghanistan, l'Iraq e i temi del Medio Oriente. Ho pubblicato i seguenti libri: "Bye Bye Baghdad" (Fratelli Frilli Editori, 2003) e "La Russia è tornata" (Boroli Editore, 2005), "I cristiani e il Medio Oriente" (Edizioni San Paolo, 2008), "Il patto con il diavolo" (Rizzoli 2017).

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