SANSA: “A GENOVA ABBIAMO PERSO TUTTI”

DI ELISA CHIARI – Adriano Sansa, per lavoro, fa il presidente del Tribunale dei minori: il primo pensiero, in auto in mezzo all’acqua, l’ha avuto per i bambini, per i suoi nipoti all’uscita da scuola, in una delle strade a rischio, ma anche tutti per gli altri, quelli di cui si occupa ogni giorno, più di tutti i due che sono morti, ammesso che il conto si fermi a loro. Come ogni cittadino, in quel contesto di naturale ansia, si chiede di chi la colpa. Ma per quella domanda, che per molti è generica, ha da ex primo cittadino e da magistrato qualche risposta pronta, non soltanto emotiva.

Il disastro nel centro di Genova.

– Dottor Sansa, partiamo dalla situazione contingente, quella che ha vissuto da cittadino…

«Ero in auto e ho visto all’improvviso l’acqua uscire dai tombini come se fosse petrolio a due metri d’altezza, lì ho capito che era il fiume che cominciava a uscire. Mi sono preoccupato per i miei nipoti che uscivano da scuola e passavano proprio di lì».

– Come sempre in questi casi, il cittadino si chiede: di chi è la colpa?
«Sono morti dei bambini e questo è il segno di una sconfitta collettiva, perché da decenni – vale per tutta l’Italia e per Governi di tutti i colori – investiamo pochissimo nel risanamento delle frane, nelle briglie, nelle dighe, nella pulizia dei torrenti: eppure è il suolo su cui poggiamo i piedi, la base della nostra vita, non in senso retorico.  Come dice Renzo Piano la Liguria ha montagne troppo alte e un mare troppo profondo. E’ vero, ma questo ci dovrebbe obbligare a prevenire continuamente. In realtà abbiamo fatto pochissimo».

– Chi è il soggetto di questo noi?
«Tanti soggetti diversi: lo Stato che non ha dato risorse. Da quando non c’è più l’Ici, i Comuni non hanno un centesimo da investire, la Protezione Civile fa capo ai Comuni, ma come fanno se non hanno le risorse? Noi cittadini sappiamo eppure lasciamo che non si investa sul territorio su cui si posa la nostra vita. Oltre a non fare in positivo, abbiamo agito in negativo: costruendo dove non sarebbe stato opportuno. La Regione ha approvato di recente un provvedimento che consente di costruire ancora più vicino ai torrenti. Noi cittadini, d’altronde, apprezziamo la demagogia che ci consente nell’immediato di pagare di meno o di costuire dove ci pare».

– Siamo complici?
«Un po’ sì. Costruire dove non si potrebbe implica la responsabilità degli amministratori, ma anche il cittadino che briga, che insiste, che mobilita le conoscenze e il partito ha le sue colpe. Sul singolo caso dove il cittadino abusivamente chiede, senza preoccuparsi degli altri e delle conseguenze, e dove l’amministratore abusivamente concede per avere consenso c’è davvero complicità. E poi c’è una complicità politica più generale: tu mi fai pagare meno tasse e io ti voto. Ma non posso far finta di non sapere che si toglie qualcosa alla collettività».

Adriano Sansa, magistrato (oggi è presidente del Tribunale dei minori) ed ex sindaco di Genova.

– C’è di mezzo il nostro rapporto disinvolto con le regole, il fatto che le percepiamo sempre come vessatorie anche quando servono a tutelarci?
«Sì, soprattutto il fatto che pensiamo ciascuno a sé e al proprio immediato vantaggio: la Liguria è affetta dalla patologia dell’immobile, vogliamo costruire il più possibile per trarre profitto e lo dico con amarezza. Ci facciamo i fatti nostri. E d’altra parte i Comuni dovrebbero pianificare in modo più serio, ma, siccome a noi piace la demagogia, il demagogo ci accontenta. La gran parte dei Comuni concede licenze e fa piani regolatori lassisti».

– E’ davvero sempre tutto così imprevedibile?
«Con un allarme di tre giorni di questo tipo io avrei chiuso le scuole. A mezzogiorno ho chiamato la protezione civile di Genova, ho chiesto se ci fossero rischi da Genova a Nervi. Mi hanno detto di no, che si trattava di andare un po’ piano. Mezz’ora dopo sono usciti i torrenti. L’informazione è stata carente, ma le persone devono essere informate: è meglio stare due ore fermi che finire sotto l’alluvione. Adesso la radio dice di stare a casa, ma è tardi, e temo che una parte del problema sia nella penuria di mezzi».

– La zona grigia, la difficoltà a districare, rende difficile il lavoro a chi deve indagare?
«Il fatto che ci siano molte responsabilità diverse non significa che bisogna trascurarle tutte. Bisogna analiticamente analizzarle e sanzionarle tutte: gli speculatori che costruiscono malamente vanno puniti. Poi ci sono le responsabilità delle amministrazioni: possono essere politiche o anche penali, se per esempio avevano le risorse e non hanno pulito i corsi d’acqua. Poi c’è la responsabilità a livello governativo: non si investe, si toglie l’Ici. Vanno sanzionati tutti».

– Da presidente del Tribunale dei minori ha pensato ai bambini, si aspetta che ci sia del lavoro da fare?
«Non ho abbastanza informazioni al momento per poterlo dire, non ho elementi. Quello che in generale si può dire è che il bambino è sempre in balia dell’adulto. In caso di pericolo bisogna sapere che l’adulto è in grado di capire e scappare, il bambino no. Questo vale sul piano affettivo e sociale. Sul piano della sicurezza non possiamo pensare che le persone si salvino da sole, bisogna informare pensando ai più deboli».

di Elisa Chiari

Pubblicato su Famigliacristiana.it

Fulvio Scaglione

Mi chiamo Fulvio Scaglione, sono nato nel 1957, sono giornalista professionista dal 1983. Dal 2000 al 2016 sono stato vice-direttore del settimanale "Famiglia Cristiana", di cui nel 2010 ho anche varato l'edizione on-line. Sono stato corrispondente da Mosca, ho seguito la transizione della Russia e delle ex repubbliche sovietiche, poi l'Afghanistan, l'Iraq e i temi del Medio Oriente. Ho pubblicato i seguenti libri: "Bye Bye Baghdad" (Fratelli Frilli Editori, 2003) e "La Russia è tornata" (Boroli Editore, 2005), "I cristiani e il Medio Oriente" (Edizioni San Paolo, 2008), "Il patto con il diavolo" (Rizzoli 2017).

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