UNA BUONA NOTIZIA ANCHE PER I POVERI

Come dimostrano i dati, i ricchi del mondo sono diventati ancor più numerosi e più ricchi con la crisi. Proviamo allora a chiederci che cosa sta succedendo ai poveri del mondo, cioè a quelli che devono campare con 1,25 dollari al giorno. Ce lo raccontano, e bene, Laurence Chandy e Geoffrey Gertz, due ricercatori della Brookings Institution, nello studio intitolato Poverty in numbers: the changing State of Global Poverty from 2005 to 2015.

Negli ultimi 6 anni, spiegano Chandy e Gertz, il numero dei poveri è calato quasi ovunque in modo molto consistente e la tendenza dovrebbe prolungarsi almeno per i prossimi quattro anni. Il che significa che i poveri del mondo (quelli, appunto, inchiodati al misero 1,25 dollari al giorno) sono passati da da 1,3 miliardi (dato del 2005) a circa 900 milioni (2010) e dovrebbero arrivare a meno di 600 milioni nel 2015 (stima). Il numero finale resta enorme, il 10% della popolazione del pianeta. Ma in molte parti del mondo quel calo rappresenterà comunque un formidabile mutamento in meglio e una spinta verso un futuro più accettabile: nei primi anni Ottanta, infatti, più di metà della popolazione dei Paesi in via di sviluppo viveva in povertà; intorno al 2005 questa quota era scesa al 25%, nel 2010 al 16% e nel 2015 dovrebbe infine arrivare al 10%.

Il numero dei poveri, nonostante le immagini strazianti della carestia nel Corno d’Africa, è in calo persino nell’Africa sub-sahariana, dove nel 2008 per la prima volta è sceso sotto la soglia altamente simbolica del 50% della popolazione, e nel 2015 dovrebbe arrivare sotto il 40%. La povertà, però, sarà nel prossimo futuro un problema sempre più africano. Fino a oggi, infatti, l’Asia ha ospitato circa i due terzi dei poveri del mondo. Il tumultuoso sviluppo di alcuni Paesi, per esempio Cina (153 milioni di poveri in meno tra 2005 e 2010), India (230,4 milioni di poveri in meno nello stesso periodo) o Bangladesh (meno 169 milioni di poveri), ha ridotto questa quota a un terzo, mentre l’Africa (dove lo sviluppo è assai più lento) è rapidamente arrivata al 60% dei poveri del mondo.

Ecco qualche dato per macro regioni del mondo, in percentuali di popolazione povera sul totale della popolazione.

  • Asia Orientale – 16,8% nel 2005; 7,4% nel 2010; 2,7% nel 2015.
  • Europa e Asia Centrale – 3,4% nel 2005; 1,8% nel 2010; 2,7% nel 2015.
  • America Latina – 8,4% nel 2005; 6,2% nel 2010; 4,5% nel 2015.
  • Medio Oriente e Africa del Nord – 3,8% nel 2005; 21,5% nel 2010; 1,9% nel 2015.
  • Asia meridionale – 40,2% nel 2005; 20,3% nel 2010; 8,7% nel 2015.
  • Africa sub-sahariana – 54,5% nel 2005; 46,9% nel 2010; 39,3% nel 2015.
  • Mondo – 25,7% nel 2005; 15,8% nel 2010; 9,9% nel 2015.

Curiosamente, i due studiosi tendono a ridimensionare gli effetti negativi dei due fenomeni che, negli ultimi anni, più hanno ferito l’ottimismo degli osservatori a proposito di riduzione della povertà: l’aumento dei prezzi dei generi alimentari nel 2007-2008 e la crisi finanziaria del 2008-2009.

I prezzi dei generi alimentari – Chandy e Gertz considerano che l’effetto globalmente negativo del fenomeno (secondo la Banca mondiale, l’ondata di aumenti dei prezzi avrebbe respinto circa 100 milioni di persone sotto la soglia della povertà) vada analizzato “con un grano di sale in zucca”. Gli effetti, in altre parole, sarebbero diversi da Paese a Paese. In certe economie l’aumento dei prezzi ha sicuramente prodotto un ulteriore impoverimento, in altre (e soprattutto in colossi come India e Cina, dove poi si registrano i grossi “guadagni” in termini di uscita dalla povertà) avrebbe invece generato il fenomeno opposto, grazie al dinamismo impresso al sistema agricolo e commerciale.

La crisi finanziaria – Qui il parere è più vicino al pensiero comune. Tra il 2008 e il 2009 la crisi finanziaria ha rallentato il progresso di molti Paesi in via di sviluppo, generando così altri 64 milioni di poveri. Ma i ricercatori non si fanno scoraggiare. E si chiedono: perché, dopo un decennio di ottimi risultati nella lotta alla povertà, dovremmo dare così tanta importanza a un anno, il 2009, in cui i risultati sono stati solo mediocri?

 

 

Fulvio Scaglione

Mi chiamo Fulvio Scaglione, sono nato nel 1957, sono giornalista professionista dal 1983. Dal 2000 al 2016 sono stato vice-direttore del settimanale "Famiglia Cristiana", di cui nel 2010 ho anche varato l'edizione on-line. Sono stato corrispondente da Mosca, ho seguito la transizione della Russia e delle ex repubbliche sovietiche, poi l'Afghanistan, l'Iraq e i temi del Medio Oriente. Ho pubblicato i seguenti libri: "Bye Bye Baghdad" (Fratelli Frilli Editori, 2003) e "La Russia è tornata" (Boroli Editore, 2005), "I cristiani e il Medio Oriente" (Edizioni San Paolo, 2008), "Il patto con il diavolo" (Rizzoli 2017).

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