L’ultimo sondaggio dell’Istituto di sociologia dell’Accademia delle Scienze russa ha prodotto una serie di interessanti, e qualche volta bizzarri, risultati. Per esempio: oggi il 34% dei russi interpellati dà un giudizio positivo della “terapia di shock” applicata all’inizio degli anni Novanta da Boris Eltsin e dal suo ministro dell’Economia Egor Gaidar, oggi entrambi scomparsi. Nel 2001 tale percentuale era significativamente più bassa: 28%. Il 60%, inoltre, è convinto che la strada intrapresa dopo il crollo del comunismo prima o poi darà frutti, mentre il restante 40% (non ci sono, a quanto pare, vie di mezzo) pensa che tutto finirà in un vicolo cieco.
Lo stesso sondaggio, comunque, rivela l’alto grado di insoddisfazione e pessimismo che alberga nell’animo dei russi. Meno del 25% dichiara di vivere “normalmente” e il 60% ammette invece di aver perso fiducia nel futuro. Il 50% dei russi lascerebbe il Paese se potesse, percentuale che cresce ancora tra i giovani sotto i 30 anni d’età. Il 13% dei russi sarebbe anche disposto a lasciare la Russia per sempre, una percentuale doppia rispetto a dieci anni fa. Il 35% sarebbe comunque pronto ad andare all’estero per guadagnare meglio.
Invariato, invece, il tasso di nazionalismo e di “amor di patria”, per così dire. Il 41% risponde che “ogni mezzo è lecito” per difendere il Paese. Forse un riflesso difensivo di fronte a quel 54% convinto cge la Russia nel prossimo futuro perderà ulteriore terreno rispetto alle potenze e alle nazioni più forti.