SIRIA, NESSUNO VUOLE LA FINE DI ASSAD

Dopo centinaia di morti, città prese sotto i cingoli dei carri armati, donne e bambini messi nel mirino dei fucili dell’esercito, l’unica conclusione logica è questa: nessuno, fuori dalla Siria, vuole davvero la fine del regime di Bashar Assad. Ben Alì in Tunisia è stato spazzato via in un attimo. Hosni Mubarak in Egitto ha resistito più a lungo, ma così facendo ha solo impedito ai suoi di riciclarsi. Di Gheddafi sappiamo tutto: contro la sua Libia si è mobilitato un robusto pezzo delle armate di  Occidente (Usa, Italia, Francia, Gran Bretagna…) e Medio Oriente (Qatar).

Una manifestazione a favore di Bashar Assad a Damasco.

Contro Assad, invece, niente. E lui, capo di un regime palesemente incapace di rispondere a una popolazione giovane (22 milioni e mezzo di persone per il 35% sotto i 14 anni), istruita (11 anni di scuola in media per persona, e il 5% del budget dello Stato speso per l’istruzione) e inferocita (il 12% della popolazione vive sotto la soglia della povertà), può continuare a sparare sulla gente, certo che nessuno interverrà per farlo smettere.

D’altra parte, basta dare un’occhiata alla cartina, e alla situazione dei Paesi confinanti, per capire perché. La Turchia pratica da anni la politica “zero problemi con i vicini”, il premier Erdogan ha in ballo grosse sfide interne (cambiare la Costituzione in senso presidenziale, mantenere il forte ritmo della crescita economica, da anni oltre il 7%) e la voglia di veder saltar per aria il regime di Damasco, con tutte le conseguenze, è pari a zero. Analogo discorso vale per l’Iraq, che di problemi ne ha a pacchi e, in più, è pressato a Est dall’Iran.

A Sud, la Giordania della monarchia hascemita pare aver superato la fase acuta della contestazione popolare ma vive in precario equilibrio e deve ancora capire due cose: quali effetti produrrà il patto tra le fazioni palestinesi di Hamas e Al Fatah e quali conseguenze esso potrà avere sulla popolazione giordana, al 65% di origine appunto palestinese. A Ovest ci sono Israele e Libano. Israele ha mostrato senza tante cerimonie di preferire le dittature dei vari Mubarak, Ben Alì e Gheddafi alla prospettiva di una stagione di tumulti e novità comunque imprevedibili. Il nemico noto è meglio di quello ignoto, e il discorso calza a pennello su Assad, nemico sì ma piuttosto inifluente. Il Libano: Hezbollah ha da sempre un buon rapporto con il regime di Assad (gran fornitore di armi e ottimo tramite con l’Iran) ma negli ultimi anni anche il fronte filo-occidentale e filo-saudita guidato da Saad Hariri era riuscito a costruire un modus vivendi accettabile con gli ex occupanti siriani. In ogni caso i fragili equilibrii che regnano a Beirut (dove è stato formato un Governo dopo sei mesi di vacanza e dove è stato da poco eletto il nuovo patriarca maronita, Bishara al Rai, già vescovo di Byblos) tutto fanno desiderare tranne che il tracollo della Siria di Assad.

Su tutti, poi aleggia l’ombra degli Usa. La Casa Bianca ha troppe partite aperte in Medio Oriente (Tunisia, Egitto e Libia, i colloqui di pace tra Israele e palestinesi, la precaria sopravvivenza del regime sunnita in Bahrein e l’impegno militare dell’Arabia Saudita per sostenerlo, la probabile fine del regime dello Yemen, da anni fedele agli Usa) per volersi occupare anche della Siria. Tutto sommato, meglio che Assad resti al potere, almeno in questa fase. Una frammentazione del Paese, quasi certa in caso di collasso del regime, sarebbe impossibile da controllare e rischierebbe di volgersi a favore dell’Iran, in un effetto domino che potrebbe poi travolgere anche l’Iraq e la Giordania, di fatto due protettorati americani. Per cui, amici siriani che scendete in piazza a rischio della vita, sappiatelo bene: nessuno di noi verrà ad aiutarvi.

 

 

Fulvio Scaglione

Mi chiamo Fulvio Scaglione, sono nato nel 1957, sono giornalista professionista dal 1983. Dal 2000 al 2016 sono stato vice-direttore del settimanale "Famiglia Cristiana", di cui nel 2010 ho anche varato l'edizione on-line. Sono stato corrispondente da Mosca, ho seguito la transizione della Russia e delle ex repubbliche sovietiche, poi l'Afghanistan, l'Iraq e i temi del Medio Oriente. Ho pubblicato i seguenti libri: "Bye Bye Baghdad" (Fratelli Frilli Editori, 2003) e "La Russia è tornata" (Boroli Editore, 2005), "I cristiani e il Medio Oriente" (Edizioni San Paolo, 2008), "Il patto con il diavolo" (Rizzoli 2017).

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4 Commenti

  1. fabio cangiotti said:

    Caro Fulvio, la tua analisi mi sembra più che realistica. Intanto però ho letto una intervista al Vescovo siro-cattolico di Damasco mons.Elias Tabe, che sostiene che tutto ciò che lì succede è opera di infiltrati e terroristi, che la gente sta con Bashar Assad, una cui eventuale caduta favorirebbe Stati Uniti e Israele, i quali vorrebbero (pensa un po’) che la Siria rompesse con Hezbollah, Hamas e Iran. E vabbè, è ovvio che una guerra civile provocherebbe come sempre capita la fuga dei cristiani, e che mons.Tabe sia preoccupato per questo. Lo stesso concetto mi ha ribadito un gesuita che in Siria vive da anni, Paolo Dall’Oglio, con cui ho scambiato alcune email. Ma insomma, devo per forza chiedermi: perché se ci scappa qualche decina di morti (vedi flottiglia, vedi recente provocazione dello stesso Assad sul Golan) per mano di Israele, tutto l’umanitarismo mondiale si stracca le vesti e le ragioni politiche di Israele sono men che carta straccia, mentre 1200 morti civili trucidati dall’esercito siriano con le modalità più crudeli, non provocano nenache un moto di pietà non solo nell’opinione pubblica europea, ma neanche in questi religiosi? Come mai qui prevale la considerazione per le ragioni politiche generali della Siria (stabilità contro il rischio di guerra civile,ecc.) e pazienza per il sangue versato, che le priorità sono altre? E poi, quello che nessuno spiega è: chi sono costoro? contadini affamati, prezzolati dell’Arabia Saudita, protagonisti della primavera araba oppure fondamentalisti antibaathisti? Vogliamo almeno dare un cenno di considerazione a questi poveracci che come tu dici, muiono nel silenzio e nell’indifferenza?

  2. Fulvio Scaglione said:

    Caro Fabio,
    francamente non so che dirti. Avendo intitolato il pezzo “Nesuno ecc. ecc.”, vedo confermato dai tuoi riferimenti che proprio nessuno nessuno vuole la caduta di Assad. Nel caso della Siria posso pensare che molti si ricordino della vita piuttosto serena che i cristiani vi hanno avuto, della larga e generosa accoglienza che i siriani hanno offerto a decine di migliaia di profughi iracheni, ecc. ecc. A me pare, più in generale, che un malinteso senso di realpolitik ci stia rendendo tutti, in Europa, di giorno in giorno più disumani. Compresa (qui non sono d’accordo con te) la reazione alle “gesta” di Israele, che fa decine di morti tra civili disarmati per proteggere un confine arbitrario, internazionalmente non riconosciuto e nemmeno sancito dalla Costituzione dello stesso Stato ebraico. Ma Israele o no, si tratta, in generale, di una irrealpolitik, che ci fa solo rimbalzare da una crisi all’altra. Pensa a Italia e Libia o Francia e Libia e la schizofrenia è lampante. Io, personalmente, penso che l’Europa e gli Usa (ma mi interessa soprattutto l’Europa) dovrebbero adottare uno standard minimo di riferimento. Voglio dire: è vero, la Cina è uno Stato autocratico; ma tra la Cina e lo Zimbabwe c’è ancora una differenza. E l’Europa per lo Zimbabwe potrebbe far molto…
    Ciao, a presto

    Fulvio

  3. fabio cangiotti said:

    Una appendice sulla Siria: oggi si parla di 15000 manifestanti anti-Assad sulla’autostrada Dmasco-Aleppo. Non mi sembrano pochi, e vorrei sempre capire se quella che altrove è primavera, lì è davvero terrorismo. Va bene che i preti non amano libertà e democrazia, almeno non quando bisogna lottare versando sangue. Ma il pronunciamento di mons. Tabe appiattito sul regime potrebbe sì essere un grave rischio per i cristiani a posteriori, se e quando Assad dovesse cadere. Quanto al gesuita Dall’Oglio, singolare figura di religioso cattolico “innamorato dell’Islam” sono stato messo in contatto con lui dopo averlo ascoltato nella trasmissione “uomini e profeti” di Gabriella Caramore. In quell’occasione, egli auspicava che l’unità siriana potesse essere mantenuta anche ritirando fuori la questione del Golan. Ciò è puntualmente avvenuto nell’evidente tentativo di Assad di distrarre l’opinione pubblica mondiale dai delitti del regime (proprio mentre in Egitto Mubarak veniva processato per avere fatto sparare sulle folle dei dimostranti…)L’esercito israeliano peraltro non ha sparato a freddo, bensì dopo chiari avvertimenti. Che i palestinesi dimostranti si siano resi conto di essere stati carne da macello (ma non è una novità), è risultato evidente dal fatto che ai funerali delle vittime, i parenti si sono scagliati contro i responsabili del campo profughi che hanno aderito all’azione proposta da Assad,( il quale aveva promesso denari in caso di morte) col risultato che ci sono stati 14 morti per questa faida interna. Di tutto questo ovviamente quasi nessun giornale ha parlato.
    Una tra le possibili morali: i religiosi mediorientali farebbero bene a non occuparsi di politica, dove aggiungono solo pasticci a situazioni di per sè già tragicamente aggrovigliate.

  4. Fulvio Scaglione said:

    Caro Fabio,
    ho intervistato padre Dall’Oglio all’inizio dei disaordini, e mi pareva che la sua teoria fosse questa: Assad deve fare le riforme ma le riforme non possono essere fatte abbattendo Assad che (qu sintetizzo brutalmente, ovvio) è il garante dell’unità della Siria. Io non so se sono d’accordo con questo, ma non posso fare a meno di notare che, evidentemente, come Dall’Oglio la pensano anche le diplomazie degli Usa e delle altre grandi nazioni, che infatti non muovono un dito contro Assad. Quanto al resto, cioè a Israele, sai che la pensiamo diversamente. Io non sono della scuola “Israele ha sempre ragione” proprio come non sono della scuola “i palestinesi hanno sempre ragione”. Nel caso specifico: capisco bene che si trattava di una provocazione siriana, ma è pur vero che il problema dei confini di Israele esikste ed è altrettanto vero che in nessun caso i manifestanti (disarmati) avrebbero potuto violare il “confine” di Israele. Ammazzare una ventina di persone per una provocazione clamorosoa ma nei fatti innocua, è cosa che viene permessa solo a Israele.
    Ciao, a presto
    Fulvio

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