Certo, la “sindrome di Fukushima” fa abbondantemente la sua parte, ma… L’opinione pubblica di molta parte dell’Europa scappa a gambe levate dall’ipotesi di andare avanti con l’energia nucleare. Dell’Italia si sa: gli italiani sono in maggioranza contrari e il referendum di domenica prossima dovrebbe confermare questa tendenza. Della Germania ho scritto da poco, Angela Merkel ha deciso di spegnere i 17 reattori tedeschi (che forniscono il 22% dell’energia elettrica consumata dal Paese) entro il 2020. Analoga decisione è stata appena presa in Svizzera: le 5 centrali che producono il 40% dell’energia elettrica arriveranno fino alla fine del loro ciclo vitale ( anno 2034) e non saranno sostituite.
In Spagna (6 centrali, 8 reattori e il 21% dell’energia elettrica prodotto dall’atomo) sono stati aboliti tutti i programmi di ampliamento del “parco centrali”. Nessun reattore è in progettazione e tanto meno in costruzione. Ma ai primi di febbraio 2011 il Parlamento ha approvato quasi all’unanimità una legge che annulla una precedente norma che imponeva la chiusura dei reattori quando avessere compiuto i 40 anni d’età. Sarà il Consiglio di Sicurezza Nucleare, in base a controlli e requisiti tecnici, a decidere se un reattore deve essere fermato o no, a prescindere dalla sua età.
La Francia è tuttora il Paese più “nucleare” del continente (il 74% della sua energia elettrica viene prodotto dalle 19 centrali e dai 58 reattori) ma forse non è più il più “nuclearista”. Il vento di Fukushima agisce anche lì ed è già chiaro che il dibattito sull’energia atomica sarà uno dei temi decisivi della campagna per le presidenziali del 2012. L’ultimo indizio ci viene da un sondaggio realizzato dal Journal du Dimanche. I francesi si sono dichiarati per il 45% “molto” o “abbastanza” preoccupati per le centrali nucleari nazionali. Chiamati poi a ipotizzare il futuro, si sono detti per il 62% favorevoli a un abbandono graduale del nucleare nei prossimi 25-30 anni, per il 15% per un abbandono rapido del nucleare, e per il 22% per il proseguimento del programma nucleare (l’1% non si è pronunciato).