GERMANIA: BASTA ATOMO, VIA COL VENTO

Siamo tutti abbastanza svegli da capire che dietro l’improvvisa decisione della cancelliera Angela Merkel di “spegnere” tutte le centrali nucleari tedesche entro il 2020 ci sono, ben prima degli ideali, un consenso politico in costante calo, lo spettro di Fukushima e un’opinione pubblica sempre più spaventata e perplessa. Solo così si spiega il voltafaccia della Merkel, che ha deciso di farla finita con l’atomo solo 7 mesi dopo aver deciso, al contrario, di prolungare la vita dei reattori fino al 2036.

Un parco eolico in Germania.

Detto questo, e confermata la mia posizione di “nuclearista scettico” (in breve: sì alle centrali, senza ignorare i problemi e i rischi che comportano e senza fermare lo sviluppo delle energie alternative), credo si debba guardare al “caso  Germania” con grande interesse. Le centrali nucleari tedesche (17 reattori) producono, oggi, il 22% dell’energia elettrica che la Germania consuma. Ma le energie alternative (eolico, biomasse, idroelettrico e solare fotovoltaico) producono a loro volta il 17%, il distacco quindi non è più enorme.

Ovviamente, allo stato dei fatti, l’energia prodotta con nucleare costa meno. E la bolletta dei tedeschi, come in parte anche la nostra, è tra le più care d’Europa (ed è rincarata parecchio negli ultimi anni) perché chiamata a sostenere gli incentivi per le rinnovabili.

Ma è anche vero che il costo di produzione delle energie rinnovabili tende a scendere (secondo uno studio della A.T.Kearney, grande agenzia americana di business consulting, entro 5 anni il costo di un kilowattora prodotto col fotovoltaico passerà da 24 a 12 centesimi) mentre quello delle fonti convenzionali (fossile e nucleare) non cala e anzi sale. E in ogni caso, se anche fossero tenuti in vita fino al 2036 come dalla prima decisione della Merkel, prima o poi i 17 reattori dovrebbero essere disattivati, messi in sicurezza e sostituiti: quanto verrebbe a costare?

La leadership della Germania nel mercato mondiale del fotovoltaico (dati 2007).

In Germania le polemiche sono già partite. Gli industriali dicono che tutto è stato deciso troppo in fretta, gli ambientalisti radicali che il processo è troppo lungo. Quel che più conta, secondo me, è che la decisione è stata presa dalla Germania, per potenza economica e capacità organizzative il Paese leader in Europa.

Per raggiungere lo scopo, infatti, i tedeschi dovranno affrontare una vera rivoluzione culturale. Il primo passo sarà avviare una rigorosa politica di risparmio energetico, politica che potrà essere applicata solo se all’aspetto tecnologico (isolamento termico degli edifici, razionalizzazione della rete di distribuzione ecc. ecc.) si affiancherà un deciso cambio di abitudini. Bisognerà consumare meno ma anche consumare in modo diverso, per esempio adattando i giorni e gli orari di certi consumi ai cicli di produzione dell’energia attraverso mezzi come il vento e il sole.

Sarà questa, credo, la sfida più impegnativa. Quella, però, che potrà tracciare la strada per tutto il continente. Se vincerà, la Germania si troverà tra pochi anni nella posizione di Paese leader nell’impiego di energia “pulita” e altrettanto leader nelle tecnologie per la produzione di energie rinnovabili. E’ una scommessona ma anche la posta in palio è gigantesca.

 

Fulvio Scaglione

Mi chiamo Fulvio Scaglione, sono nato nel 1957, sono giornalista professionista dal 1983. Dal 2000 al 2016 sono stato vice-direttore del settimanale "Famiglia Cristiana", di cui nel 2010 ho anche varato l'edizione on-line. Sono stato corrispondente da Mosca, ho seguito la transizione della Russia e delle ex repubbliche sovietiche, poi l'Afghanistan, l'Iraq e i temi del Medio Oriente. Ho pubblicato i seguenti libri: "Bye Bye Baghdad" (Fratelli Frilli Editori, 2003) e "La Russia è tornata" (Boroli Editore, 2005), "I cristiani e il Medio Oriente" (Edizioni San Paolo, 2008), "Il patto con il diavolo" (Rizzoli 2017).

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