L’INDIA ORA FA I CONTI CON… LE INDIANE

DI MARTA FRANCESCHINI

 

Un anno di lavoro, 500 milioni di dollari e due milioni e mezzo di rilevatori coinvolti: queste le dimensioni del quindicesimo censimento nella storia dell’India, secondo Paese più popolato del mondo, che costituisce da solo quasi il 20% dell’umanità. Tre milioni di chilometri quadrati da battere al tappeto, dalle vette dell’Himalaya alle foreste tropicali, dai grattacieli alle capanne. E non sempre senza rischi. Gli abitanti di Sentinel, una delle isole Andamane e Nicobare, per esempio non gradiscono intrusi, e li fanno a pezzi senza tanti complimenti. L’ultimo sistema escogitato dai rilevatori per contare i Sentinelesi è di lanciare da un elicottero sacchi di cibo e oggetti vari sulle coste dell’isola, per poi contare gli abitanti che si raccolgono intorno ai misteriosi doni  piovuti dal cielo. Nonostante queste ed altre difficoltà, il Governo ha reso infine pubblici i dati ufficiali del sondaggio, che fissano la popolazione dell’India a quota 1 miliardo e 210 milioni di abitanti.

Gli addetti al censimento in un villaggio dell'India.

In dieci anni è come se l’intero Brasile si fosse trasferito in India. Una crescita di 181 milioni di persone, che tuttavia viene letta dagli esperti come un parziale successo. I rilevamenti hanno infatti registrato un lieve rallentamento nella crescita demografica: un risultato incoraggiante, tuttavia non sufficiente a cancellare le altre ombre emerse dal censimento. Prima fra tutte la disparità  di nascite in rapporto al genere: 940 femmine ogni 1000 maschietti. Un dato imbarazzante per una tra le maggiori potenze economiche del mondo, che aspirerebbe a cancellare dalla propria immagine simili  segnali  di arretratezza. Ma nonostante 40 anni di politiche sociali tese a risolvere questo dramma, i numeri parlano chiaro: la nascita di una femmina continua a essere considerata una disgrazia in India e, se possibile, va evitata in tutti i modi. Due sono i più comuni: il feticidio e l’infanticidio. Benché dal 1996 una legge abbia reso illegale la determinazione del genere del feto prima della nascita, cliniche e medici continuano a praticarla per ovvi interessi di lucro. E così in India, ogni giorno, 2.000 bambine che potrebbero nascere non nascono.

Ma perchè è così terribile l’evento di una figlia femmina per una famiglia indiana? In parte per motivi culturali non dissimili a quelli a noi noti, riassunti dal famoso augurio “salute, e figli maschi”. Ma in India, la vera ragione è un’altra, e si chiama “dote”, una tradizione anch’essa fuori legge ma tuttora saldamente radicata nel sistema sociale. In base a questa istituzione, la famiglia della sposa dovrà provvedere al futuro marito una cifra che spesso equivale ai guadagni di una vita intera. In molti casi il matrimonio indebita entrambi i genitori fino alla morte. Per questo diventa problematico, se non impossibile, soprattutto per le famiglie povere, accettare la nascita di una figlia femmina. Quando le femmine poi sono più di una, la tragedia è annunciata. Sono frequenti i casi di giovani ragazze che, per sollevare i genitori dall’insostenibile peso di procurare loro una dote, scelgono il suicidio.

Se il subcontinente non riuscirà a trovare soluzioni capaci di invertire questa tendenza, entro 20 anni la popolazione indiana non solo avrà superato il miliardo e mezzo, ma sarà composta soprattutto da uomini. Chissà che le difficoltà di trovare una sposa non finiscano per convincere i futuri mariti a rinunciare alla smisurata dote o addirittura non li spinga, nella speranza di accaparrarsi  una moglie, a ribaltare la tradizione. Ma anche se ciò avvenisse, ci vorrebbe almeno un secolo per ristabilire l’equilibrio. Per il momento, tuttavia, in India sono ancora troppo poche le bambine che riescono a nascere.

di Marta Franceschini

Fulvio Scaglione

Mi chiamo Fulvio Scaglione, sono nato nel 1957, sono giornalista professionista dal 1983. Dal 2000 al 2016 sono stato vice-direttore del settimanale "Famiglia Cristiana", di cui nel 2010 ho anche varato l'edizione on-line. Sono stato corrispondente da Mosca, ho seguito la transizione della Russia e delle ex repubbliche sovietiche, poi l'Afghanistan, l'Iraq e i temi del Medio Oriente. Ho pubblicato i seguenti libri: "Bye Bye Baghdad" (Fratelli Frilli Editori, 2003) e "La Russia è tornata" (Boroli Editore, 2005), "I cristiani e il Medio Oriente" (Edizioni San Paolo, 2008), "Il patto con il diavolo" (Rizzoli 2017).

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