BOSSI TERRONE E AFRICANO. PER I TICINESI

DI GIORGIO VECCHIATO

Le foto mostrano un massiccio signore che alza il pugno in segno di vittoria, attorniato da cartelli e gente entusiasta. Questo signore si chiama Giuliano Bignasca e indossa una maglietta verde. Difatti è un leghista. Però le foto arrivano da Lugano, non da Varese. I cartelli non inneggiano alla Lega Nord padana ma alla Lega del Ticino. La quale ha vinto le elezioni cantonali con questo slogan: “Prima i ticinesi. 35 mila frontalieri bastano!”.

Umberto Bossi con Giuliano "Nano" Bignasca, fondatore e leader della Lega dei Ticinesi.

Umberto Bossi con Giuliano "Nano" Bignasca, fondatore e leader della Lega dei Ticinesi.

Non è una notizia qualunque, di quelle che interessano solo la gente del posto. Anche se i nostri giornali quasi la ignorano, ne sono coinvolti migliaia di italiani. Per la precisione 42 mila, quanti sono i frontalieri che ogni giorno attraversano il confine per rientrare la sera, oppure lavorano in Svizzera dal lunedi al venerdi. Di questi, il signor Bignasca ne vuole tagliare settemila. Per ora. E non sono semplici dichiarazioni ad uso propaganda. Il suo partito ha riscosso il 30 per cento dei voti, togliendo la maggioranza relativa ai liberali. Avrà quindi un ruolo decisivo nel governo e nel parlamento della regione.

Quale ruolo, il pugno alzato del signor Bignasca parla da solo. “Adesso comandiamo noi”. E’ quello che in Italia vorrebbe poter dire Bossi, che ancora non comanda e deve limitarsi al ben noto “fora dai ball”. Nel mirino di Bossi ci sono gli africani dei barconi, che il buon cristiano ospiterebbe ma il benpensante vuol tenere lontani. Come ben sappiamo i motivi sono tanti, e non tutti ignobili: le differenze di mentalità, di costumi, di religione, tutti ostacoli a una positiva integrazione. Poi il colore della pelle, presente anche se non si osa parlarne a brutto muso. Tutti elementi, comunque, completamente estranei al rapporti fra i ticinesi e gli abitanti delle alte valli lombarde.

In queste valli, come nel cantone, si parlano sia l’italiano sia il dialetto lombardo. In tutta la Svizzera, non solo nel Ticino, i nostri lavoratori godono della migliore reputazione. Le basi culturali sono simili: e quando c’è diversità, sono gli italiani ad adeguarsi. E’ pretestuoso sostenere che portano via il lavoro ai locali poiché, purtroppo, sono addetti in maggioranza a mansioni che gli elvetici rifiutano (situazione analoga a quella italiana). Ed è grottesco, oltre ad essere incivile, che proprio la Lega ticinese si scagli contro una categoria che, in alta Italia, per larga parte vota Lega. Quella di Bossi, che avrà qualche difficoltà a congratularsi con il signor Bignasca.

Spietata logica del contrappasso, nella vita come in politica. “Per ogni puro c’è un altro puro che ti epura”, battuta infernale ma veritiera. Ogni nordico, salvo che abiti al Polo Nord, troverà un altro più nordico che lo giudica un terrone. E il leghista lombardo trova adesso uno che è più leghista di lui. Anzi tanti, al governo e nel Parlamento del Canton Ticino.

di Giorgio Vecchiato

Fulvio Scaglione

Mi chiamo Fulvio Scaglione, sono nato nel 1957, sono giornalista professionista dal 1983. Dal 2000 al 2016 sono stato vice-direttore del settimanale "Famiglia Cristiana", di cui nel 2010 ho anche varato l'edizione on-line. Sono stato corrispondente da Mosca, ho seguito la transizione della Russia e delle ex repubbliche sovietiche, poi l'Afghanistan, l'Iraq e i temi del Medio Oriente. Ho pubblicato i seguenti libri: "Bye Bye Baghdad" (Fratelli Frilli Editori, 2003) e "La Russia è tornata" (Boroli Editore, 2005), "I cristiani e il Medio Oriente" (Edizioni San Paolo, 2008), "Il patto con il diavolo" (Rizzoli 2017).

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