RUSSIA E UE: SE TU DAI UNA COSA A ME…

Qualche giorno fa, a Bruxelles, si è celebrato un evento che non è stato sottolineato come meritava. Al tredicesimo vertice bilaterale, l’Unione Europea ha revocato il veto che, di fatto, impediva alla Russia di entrare nell’Organizzazione mondiale del commercio (Wto). Non è che la Ue abbia mostrato buon cuore, perlomeno non gratis. La Russia, che nella Ue ha il suo maggior partner commerciale (50,4% di tutto il commercio estero) si è data una calmata su certe questioni di non pochissimo conto: per esempio, ha ridotto dal 25 al 15% i dazi sul legname importato dalla Finlandia e dai Paesi baltici e ha ridotto le tasse applicate sulle merci in arrivo dall’Asia per ferrovia, che transitano sul suo territorio. Del resto, con quasi il 50% delle riserve investite in euro, la Russia fa bene a curare i rapporti con l’Unione.

Da sinistra: Dmitrij Medvedev (presidente della Russia), Hernan Von Rompuy (presidente del Consiglio Ue) e José Barroso (presidente della Commissione europea).

Da sinistra: Dmitrij Medvedev (presidente della Federazione ruissa), Hernan Von Rompuy (presidente del Consiglio Ue) e José Barroso (presidente della Commissione europea).

Il “via libera” della Ue, in termini strettamente finanziari, per la Russia vale ancora di più. Calcolano gli esperti che l’ingresso nel Wto porterà all’economia russa una crescita del 3% l’anno, un impulso di cui il Cremlino ha bisogno come il pane. L’era di Putin ha di certo migliorato le condizioni di vita dei russi ma a un prezzo piuttosto pesante per l’assetto del sistema. Petrolio e gas sono chiamati a reggere il peso dello Stato ma per farcela (cioè per portare in pari il budget) il petrolio dovrebbe oggi costare 123 dollari a barile, mentre siamo ben sotto i 90. Per sostenere pensionati, impiegati statali e semplici lavoratori il Governo spende il 40% del Pil e si finanzia con le tasse sulle attività produttive, che infatti non fioriscono. Al resto pensano la corruzione, diffusa a tutti i livelli, e l’evasione fiscale: nei primi 10 mesi del 2010 ben 21 miliardi di dollari sono fuggiti dalla Russia verso i diversi paradisi fiscali.

L’Europa, più stabile e prospera, in questo baratto difende altri interessi, che vanno ben oltre il guadagno immediato. Difende, soprattutto, l’apertura delle proprie opportunità di mercato verso Est e verso l’Oriente, una rotta che la Russia non controlla ma alla quale può creare più di un problema. E invece succede quanto segue. Con l’Ucraina e la Polonia, complice anche qualche correzione ai rispettivi regimi, i rapporti sono tornati al sereno: pochi ci hanno fatto caso ma quest’anno non abbiamo sentito risuonare il tipico allarme per l’interruzione della fornitura di gas che dalla Russia, appunto, arriva a noi tramite l’Ucraina.

Non solo. Pian piano, con l’ingresso già realizzato di Slovenia, Bulgaria e Romania e quello ormai prossimo di Croazia, Macedonia e forse Albania, l’Unione Europea sta assorbendo dal punto di vista politico quella che una volta chiamavamo “Europa dell’Est”, e dal punto di vista economico quello che una volta era il Patto di Varsavia. Il cerchio si chiuderà quando andrà a posto anche l’ultimo tassello: la Serbia, al cui ingresso nella Ue è stato da poco messo il sigillo dalla riunione dei ministri degli Esteri dell’Unione. Per mollare la presa sulla Serbia, sua tradizionale alleata, la Russi ha preteso l’assenso europeo alla sua pratica verso il Wto. La Serbia, a propria volta, si è rassegnata a perdere il Kosovo. Ieri il neonato Stato balcanico ha votato, per la prima volta dopo l’indipendenza, per eleggere il Parlamento. A Belgrado hanno protestato ma più per dovere che per convinzione. Non a caso, persino nelle enclave serbe nel Sud del Kosovo molti sono andati a votare. Anzi, più che tra gli stessi kosovari: 50% la media ai seggi tra i serbi, 49% tra i kosovari.

Fulvio Scaglione

Mi chiamo Fulvio Scaglione, sono nato nel 1957, sono giornalista professionista dal 1983. Dal 2000 al 2016 sono stato vice-direttore del settimanale "Famiglia Cristiana", di cui nel 2010 ho anche varato l'edizione on-line. Sono stato corrispondente da Mosca, ho seguito la transizione della Russia e delle ex repubbliche sovietiche, poi l'Afghanistan, l'Iraq e i temi del Medio Oriente. Ho pubblicato i seguenti libri: "Bye Bye Baghdad" (Fratelli Frilli Editori, 2003) e "La Russia è tornata" (Boroli Editore, 2005), "I cristiani e il Medio Oriente" (Edizioni San Paolo, 2008), "Il patto con il diavolo" (Rizzoli 2017).

2 Commenti

  1. fabio cangiotti said:

    Caro Fulvio, l’apertura verso l’est è necessaria anche in chiave di contenimento-concorrenza con la Cina, e anche per una analogia e vicinanza storico-culturale ( sono nazioni cristiane). Non capisco perciò di cosa si sia accusato Berlusconi nei suoi rapporti con Putin e con la Russia e peggio ancora perché si sia attaccata la politica dell’Eni di Scaroni, i cui rapporti industriali con Gazprom hanno avuto l’approvazione dei governi di destra e di sinistra (Prodi). Si può contestare l’estetica dei comportamenti del premier, ma la sostanza è quella degli interessi dell’Italia. Tranne che per i giornalisti di Repubblica e dell’Unità, si capisce.
    A quando un tuo post su questo tipo di giornalismo? Non ci saranno mica solo i quattro “liberali” del Corrierone a meritare la tua graticola spero.
    Ciao a presto

  2. Fulvio Scaglione said:

    Caro Fabio,
    su questo punto concordo in tutto e per tutto con te. L’ho anche scritto da queste parti, una volta che s’incontrarono Putin, Berlusconi ed Erdogan. Diciamo che non è bellissimo aver giustificato guerre e casini in nome della libertà e poi fare affari con i dittatori, ma questo non è certo un problema di Berlusconi: lo fanno tutti.
    Quanto ai giornalisti: una vecchia massima del mestiere dice che nulla interessa meno ai lettori di quanto fanno i giornalisti. Ed è vero, credo. Ogni tanto me la prendo con i professori del Corriere perché non sopporto quelli che sono schierati facendo però finta di non esserlo. Repubblica e l’Unità, in questo senso, fanno il paio con il Giornale e Libero. Di loro si sa “tutto”. E per questo sono anche poco “interessanti”. Ma se uno che scrive sul Corriere fa dieci articoli sulle contraddizioni della sinistra (che, per carità, ne abbonda) e del Cavaliere (che pure decide e governa) non si occupa, beh, va bene tutto ma non la pretesa di “terzietà”. Almeno, così mi pare.
    Ciao, stammi bene

    Fulvio

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