LA SERBIA IN EUROPA, UN AFFARE PER TUTTI

I l 2011 e il 2016. A questi due anni ormai guarda la Serbia dopo che i ministri degli Esteri della Ue hanno rimesso in moto la sua pratica di adesione all’Unione, prima bloccata dalle scorie infinite delle guerre balcaniche degli anni Novanta. Per rimuoverle, e per placare l’intransigenza dell’Olanda che per i serbi nutre rancori vecchi quanto la strage di Srebrenica (1995), il Governo di Belgrado ha dovuto pagare un prezzo politico: sarà giudicato in base alla cooperazione con il Tribunale penale internazionale che ancora ricerca i criminali di guerra Ratko Mladic e Goran Hadzic. A meno di clamorosi infortuni, però, la candidatura a pieno titolo (2011) e l’adesione totale (2016) sono ormai alle viste.

Un cittadino serbo mostra il passaporto alla frontiera.

Un cittadino serbo con il passaporto alla frontiera.

Con un po’ di sano realismo, però, dobbiamo notare che la Serbia l’ingresso in Europa in un certo senso l’ha già festeggiato: venerdì scorso, quando dallo stabilimento Fiat di Kragujevac è uscita la Punto numero 30 mila, su una linea inaugurata solo 18 mesi fa e in una fabbrica che presto arriverà ai 2.400 dipendenti. Un’auto rossa, subito donata a un istituto per bambini orfani. Anche in questa destinazione d’uso si legge la logica dei tempi, che si è inevitabilmente imposta anche ai ricordi atroci e velenosi della dissoluzione della Jugoslavia, delle persecuzioni organizzate dai Slobodan Milosevic e delle pulizie etniche incrociate.

Con l’avvicinamento della Serbia all’Europa comunitaria, l’assetto politico del continente colma un buco in cui la Russia ha cercato invano di infilarsi. Troppo lontana Mosca da Belgrado, però, e troppo debole l’economia russa per fungere da magnete. Per non parlare dei sentimenti e dei ragionamenti della gente, pronta a commuoversi e prontissima a capire certe convenienze: secondo le ultime rilevazioni, il 70% dei serbi appoggia il Governo nella marcia di avvicinamento alla Ue.

La posizione della Sebia sulla carta dell'Europa e dei Balcani.

La posizione della Serbia sulla carta geografica dell'Europa comunitaria e dei Balcani.

La Serbia, però, non è l’unica a concludere un buon affare. Con la Slovenia e l’Ungheria nella Ue dal 2004, la Bulgaria e la Romania dal 2007 e la Croazia (a quanto pare) dal 2012, l’ingresso della Serbia completerà una “europeizzazione” dei Balcani che può essere accolta solo con favore. Per quanto si possa criticarla, e non lo si farà mai abbastanza, l’Unione è garanzia di stabilità e pace e lo sarà anche per la regione storicamente più instabile d’Europa.

Allo stesso tempo, però, l’Europa godrà di un’occasione unica per allargarsi in influenza e affari verso Est, cioè verso la regione del mondo seconda solo al Golfo persico per ricchezza di risorse energetiche e minerarie. Con la Serbia si spalanca una porta, anzi un portone e si inaugurano vie di comunicazione (siano esse gasdotti e oleodotti, autostrade e ferrovie) capaci di imprimere nuovi orientamenti alla politica internazionale e costruire nuovi equilibri forse più favorevoli all’Europa stessa. Dalla nostra capacità di cogliere questa opportunità dipendono molte delle speranze di non cadere dalla padella del tradizionale confronto tra Usa e Russia alla brace di quello, più che prevedibile ormai, tra Usa e Cina.

Per l’Unione quindi ci sarà molto da lavorare, soprattutto su se stessa. Per adeguarsi a una realtà in costante mutamento (altri due Paesi in quattro anni, prima Croazia e poi Serbia) s’imporrà un ulteriore sveltimento del processo decisionale e una maggiore lucidità nell’individuare gli obiettivi collettivi di fondo. L’entusiasmo dei nuovi arrivati dovrà essere integrato dalla capacità dei Paesi fondatori di spazzare qualche ragnatela. Sul primo possiamo andar tranquilli. Sulla seconda, un po’ meno.

Pubblicato su Avvenire del 26 ottobre 2010

Fulvio Scaglione

Mi chiamo Fulvio Scaglione, sono nato nel 1957, sono giornalista professionista dal 1983. Dal 2000 al 2016 sono stato vice-direttore del settimanale "Famiglia Cristiana", di cui nel 2010 ho anche varato l'edizione on-line. Sono stato corrispondente da Mosca, ho seguito la transizione della Russia e delle ex repubbliche sovietiche, poi l'Afghanistan, l'Iraq e i temi del Medio Oriente. Ho pubblicato i seguenti libri: "Bye Bye Baghdad" (Fratelli Frilli Editori, 2003) e "La Russia è tornata" (Boroli Editore, 2005), "I cristiani e il Medio Oriente" (Edizioni San Paolo, 2008), "Il patto con il diavolo" (Rizzoli 2017).

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