SINODO: I CRISTIANI IN MEDIO ORIENTE

Il primo Sinodo dei vescovi delle Chiese del Medio Oriente, aperto oggi a Roma da Benedetto XVI, arriva in un momento molto delicato. Essere ottimisti sulla sorte del cristianesimo in Medio Oriente non è prudente. E non è nemmeno di moda. Anche nel realismo, però, bisogna stare attenti ai luoghi comuni. Nel caso specifico, tener presente che la globalizzazione allarga le comunità islamiche in Europa ma modifica anche gli scenari religiosi del Medio Oriente.

Soldati circondano una parrocchia cattolica a Baghdad dopo un attentato.

Soldati circondano una parrocchia cattolica a Baghdad (Iraq) dopo un attentato.

Nella penisola arabica, cioè nella regione in cui l’islam nacque e da cui si allargò fino a dominare per secoli una larga porzione del mondo conosciuto, si sono piano piano insediati milioni di cristiani, in gran parte cattolici. Il boom petrolifero ha richiamato in Arabia Saudita e nei Paesi del Golfo circa 13 milioni di lavoratori immigrati da Pakistan, Filippine, Bangladesh ma anche dall’America del Sud e dall’Africa, oltre che dai più vicini Libano, Siria, Irak e Palestina.

Secondo il vicariato d’Arabia, che ha sede ad Abu Dhabi (capitale degli Emirati Arabi Uniti), in Arabia Saudita i cattolici sarebbero  ormai quasi 2 milioni, su una popolazione di 28,5 milioni di abitanti. Negli Emirati i cristiani sarebbero più di 1 milione e mezzo (500 mila cattolici) su 6 milioni di abitanti. Sono quasi sempre semplici lavoratori che puntano a guadagnare abbastanza per tornare nei  Paesi d’origine. Comunità instabili per definizione, fragili di fronte a politiche che li discriminano come immigrati (anche nel Golfo il  boom è diventato crisi) e come cristiani. Il Paese più repressivo è l’Arabia Saudita, va meglio negli Emirati, dove sono sorte diverse parrocchie. In Qatar, due anni fa, è stata consacrata una chiesa che può accogliere fino a 5 mila fedeli.

Forse non saranno questi i temi più dibattuti dal Sinodo dei vescovi del Medio Oriente. Ma valeva la pena partire da qui per notare che,
in un quadro globale che offre segnali di novità e movimento, le comunità cristiane autoctone sembrano invece prigioniere di vecchi problemi e di un immobilismo che ha radici religiose ma anche (se non soprattutto) politiche.

La messa di Natale nella chiesa cristana ortodossa di Gaza.

La messa di Natale nella chiesa ortodossa di Gaza.

Non è difficile capire di che cosa soffrano i 14 milioni di cristiani, siano melkiti, caldei, armeni, maroniti, copti o siriaci, sparsi tra i 330 milioni di abitanti del Medio Oriente. La guerra. Un islam radicale che, quasi ovunque minoritario, ha comunque la forza per colpire in proprio o intimidire l’islam moderato. Per assurdo, anche la formazione culturale e professionale superiore alla media diventa un problema, se offre maggiori possibilità di inserimento altrove e favorisce l’emigrazione. In Irak fino agli anni Novanta i cristiani erano più di un milione e 200 mila. Oggi sono meno di un terzo e sono nel mirino degli estremisti. Le guerre di Saddam Hussein hanno disperso una comunità che ai tempi del dittatore era rispettata e nella democrazia sponsorizzata dagli Usa è la più perseguitata delle minoranze.

Le guerre e gli infiniti scontri di fazione hanno drasticamente ridotto il numero e l’influenza dei cristiani del Libano. Nel 1943, all’epoca dell’ultimo referendum, erano il 55% della popolazione, oggi hanno paura persino di contarsi per non dare ulteriore spazio alle ambizioni degli sciiti e alle smanie delle frange estreme di Hezbollah. I cristiani di Palestina resistono anche se sono passati per sei guerre e due intifade. Ma lo stillicidio dell’emigrazione continua, per ragioni che i sondaggi raccontano con chiarezza: prima l’instabilità politica, poi la mancanza di lavoro.

Il vuoto di prospettive si trasforma in un vuoto di speranza che non tutti vogliono lasciare in eredità ai figli. Chi resta, in Libano (dove sono 18 le confessioni ufficialmente riconosciute) e in Palestina, scruta i lampi di consapevolezzadei musulmani ragionanti, sempre più spesso consci che la partenza dei cristiani non rafforza l’islam ma piuttosto indebolisce il tessuto civile che tiene insieme i rispettivi Paesi.

In Egitto i cristiani copti sono 10 milioni su 79 milioni di abitanti, cioè circa il 12% della popolazione. Nel Paese dei Fratelli musulmani, però, sono mutilati nella libertà di culto e privati di una seria rappresentanza politica e sociale. In Parlamento i deputati cristiani sono 3 su 454, cioè lo 0,7%. In Turchia, Paese rinato laico con la fine della Prima guerra mondiale ma anche attraverso lo sterminio degli armeni cristiani e la cacciata dei greci cristiani, i 72 milioni di musulmani sovrastano i 100 mila cristiani, ai quali però non sono mancati, da don Santoro a monsignor Padovese, fin troppi martiri. Va meglio in Siria e soprattutto in Giordania, anche se come nel resto del mondo arabo manca la vera libertà di coscienza. La conversione dall’islam non è una scelta dell’individuo ma un tradimento alle spalle della collettività.

Il Sinodo si è dato un alto compito: riscattare le radici culturali arabe del cristianesimo mediorientale e tramutare la presenza dei cristiani in una vocazione invece che in una condanna. Per molte comunità questo non è un obiettivo ma una necessità. Abbandonate dalla realpolitik e dalle grandi cancellerie, devono produrre da sole le forze per respingere chi vuol farle sentire straniere in patria.

I NUMERI DEL SINODO

185 padri sinodali tra i quali 9 Patriarchi, 19 Cardinali, 65 Arcivescovi, 10 Arcivescovi titolari.

5.707.000 cattolici rappresentati

17 Paesi rappresentati (Arabia Saudita, Bahrein, Cipro, Egitto, Emirati Arabi Uniti, Giordania, Iran, Iraq, Israele, Kuwait, Libano, Oman, Qatar, Siria, Turchia, Territori Palestinesi, Yemen).

Fulvio Scaglione

Mi chiamo Fulvio Scaglione, sono nato nel 1957, sono giornalista professionista dal 1983. Dal 2000 al 2016 sono stato vice-direttore del settimanale "Famiglia Cristiana", di cui nel 2010 ho anche varato l'edizione on-line. Sono stato corrispondente da Mosca, ho seguito la transizione della Russia e delle ex repubbliche sovietiche, poi l'Afghanistan, l'Iraq e i temi del Medio Oriente. Ho pubblicato i seguenti libri: "Bye Bye Baghdad" (Fratelli Frilli Editori, 2003) e "La Russia è tornata" (Boroli Editore, 2005), "I cristiani e il Medio Oriente" (Edizioni San Paolo, 2008), "Il patto con il diavolo" (Rizzoli 2017).

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