Prima è toccato a Dell’Utri. Poi, alla Mostra del cinema di Venezia, a Gianni Letta. Infine, e più clamorosamente, a Renato Schifani, presidente del Senato e, in quanto tale, seconda carica dello Stato, contestato duro da “grillini” e “popolo viola” mentre cercava di intervenire alla festa torinese del Pd. A stigmatizzare questo episodio sono intervenuti tutti, dai dirigenti del Partito democratico al Presidente della Repubblica, con toni più o meno accalorati ma comunque molto severi. E’ giusto?
Vorrei essere chiaro. A me le gazzarre non piacciono. Detesto anche i talk show, quindi… Mi piace, al contrario, che ognuno possa esprimere le proprie opinioni in santa pace. Per dire di Schifani: l’ho ascoltato con interesse, nell’auditorium della sede di Famiglia Cristiana, quando è venuto a parlare di politiche familiari, spiegando a noi tutti quali cose bisognerebbe fare per la famiglia italiana e che la politica (ivi compreso il PdL, cioè il partito di cui è stato a lungo capogruppo al Senato) non fa. L’ho applaudito, apprezzando anche solo il fatto che abbia voluto parlarci. Cosa che avrebbero dovuto fare pure i “grillini” e i “viola” di Torino.
Però, fateci caso: questo discorso, calato nell’Italia di oggi, non è un po’ lunare? Tale sembra a me che l’ho appena scritto. L’Italia di oggi è quella del “metodo Boffo” e del “metodo Fini”: avete per caso sentito il presidente Schifani criticare i metodi degli organi di stampa di proprietà della famiglia Berlusconi? Il presidente Schifani, che definisce “antidemocratici” i suoi contestatori, ha per caso detto che non è molto democratico cacciare chi dissente politicamente, com’è avvenuto al presidente della Camera Fini (non uno qualunque) con il PdL? E delle espressioni irriguardose dei suoi compagni di partito contro il presidente della Repubblica, prima carica dello Stato, che cosa pensa?
Un politico che pretenda di non essere mai contestato (e che intanto considera del tutto lecita e anzi significativa la contestazione agli altri, come fece Schifani quando Romano Prodi fu preso a male parole da una claque al Motor Show di Bologna) non è un politico ma uno che ha sbagliato mestiere, cosa che di Schifani non si può certo dire. E’ allora chiaro che il problema è un altro.
Secondo me questo: l’afasia della sinistra è arrivata a un punto tale da essere totalmente introiettata. Sono i dirigenti della sinistra i primi a stupirsi quando certi di loro o (mamma mia!) i militanti prendono una strada un po’ più energica. Facciamo un altro esempio: qualche giorno fa il segretario Bersani ha tirato in ballo le fogne in rapporto alla politica di Berlusconi. Una frase balorda, però: apriti cielo! Sembrava che avesse bestemmiato, e questo in un Paese in cui la destra polemizza ogni giorno a base di insulti e stipendia un piccolo esercito di insultatori di professione. Quando Bossi tira in ballo le doppiette (cioè una volta al mese) non c’è nessuno Schifani a fargli la predica sugli usi e costumi della democrazia. Ma sono pronto a scommettere che se qualche leader locale del Pd, che so un Chiamparino o un Renzi, dicessero: va bene, tira fuori le tue doppiette che noi tiriamo fuori le nostre e poi vediamo chi ne ha di più, i primi a stigmatizzare sarebbero gli stessi leader della sinistra.
L’iniziativa politica non si misura sulle capacità polemiche o sulla scurrilità. Alla sinistra mancano prima tutto le idee, e poi l’unità per realizzarle. Ma un po’ più di convinzione non farebbe male. Se non altro per dimostrare di essere, oltre che funzionari, anche esseri umani.