LA MULTA PER IL BURQA? SACROSANTA

Naturalmente c’è l’abituale sciocchezzaio leghista o paraleghista, il solito spettro di “una città piena di burqa” che avrebbe senso forse a Kabul mentre nel basso Piemonte fa ridere i polli. Ma il provvedimento con cui i vigili urbani di Novara hanno notificato una multa da 500 euro a una donna musulmana che indossava il burqa (cioè il velo integrale che nasconde il viso e il capo) nei pressi di un ufficio postale merita un solo aggettivo: sacrosanto.

Burqasito

Ormai tutti dovrebbero sapere che dal 1975, cioè dai tempi degli Anni di Piombo e delle manifestazioni violente, è in vigore una legge che impone la riconoscibilità del viso per ragioni di ordine pubblico. In più, il sindaco di Novara aveva emesso negli ultimi mesi del 2009 un’ordinanza che vieta “in tutto il territorio comunale, nelle aree pubbliche ed aperte al pubblico nelle vicinanze di scuole, asili, università, uffici pubblici e all’interno degli stabili che sono sede di dette istituzioni… di indossare abbigliamento atto a mascherare o travisare il volto delle persone”. La donna di Novara si trovava nei pressi di un edificio pubblico, quindi…

I casi di questo genere si vanno moltiplicando, in Italia e in Europa e sono sempre più numerosi i comuni che prendono provvedimenti simili a quello novarese. Nell’autunno del 2009 a Pieve di Soligo (Treviso), una cliente di un supermercato aveva protestato contro un’altra cliente che indossava appunto il burqa. Ancora in Veneto, a Montegrotto Terme (Padova), il sindaco aveva emesso un divieto all’uso del velo integrale.

In molti di questi comuni non si sono mai viste donne musulmane con il burqa indosso, oppure si sono avuti pochi e rari casi. Resta però fondamentale il principio del rispetto della legge, che vale anche per gli italiani che si recano all’estero, in Paesi con le più diverse culture. Uno di noi colto a consumare alcolici in Arabia Saudita non si stupirebbe (e comunque, non avrebbe diritto a stupirsi) se il suo comportamento fosse sanzionato dalle autorità locali. Né possiamo dimenticare che il burqa non è un simbolo o un attributo religioso, come alcuni ancora pensano, ma solo il frutto (retrivo) di una tradizione sì antica ma praticata in una porzione piuttosto ristretta del mondo islamico.

Parlare di razzismo, dunque, non ha senso. Così come non ha senso invocare una legge apposita per vietare il burqa, visto che ci sono già tutti gli strumenti per impedirne l’uso quando e dove l’uso può far danno. Avrebbe più senso, invece, controllare che la legge del 1975 sia fatta rispettare in modo serio e totale. Non si va in giro con il burqa ma nemmeno con il casco della motocicletta, per esempio, cosa che nelle nostre città accade spesso.

Un caso recente, realmente accaduto: un collega giornalista viene scippato della borsa contenente anche i documenti e il portafoglio. Se ne occupano i carabinieri e scoprono che mezz’ora dopo il furto un tizio coperto dal casco ha provato (per fortuna senza successo) a prelevare con il bancomat del collega. La telecamera della banca lo ha ripreso, il casco lo ha protetto. Se il tizio col casco avesse incontrato, sulla strada del bancomat, un vigile novarese forse ora sarebbe dove merita: in galera.

Fulvio Scaglione

Mi chiamo Fulvio Scaglione, sono nato nel 1957, sono giornalista professionista dal 1983. Dal 2000 al 2016 sono stato vice-direttore del settimanale "Famiglia Cristiana", di cui nel 2010 ho anche varato l'edizione on-line. Sono stato corrispondente da Mosca, ho seguito la transizione della Russia e delle ex repubbliche sovietiche, poi l'Afghanistan, l'Iraq e i temi del Medio Oriente. Ho pubblicato i seguenti libri: "Bye Bye Baghdad" (Fratelli Frilli Editori, 2003) e "La Russia è tornata" (Boroli Editore, 2005), "I cristiani e il Medio Oriente" (Edizioni San Paolo, 2008), "Il patto con il diavolo" (Rizzoli 2017).

2 Commenti

  1. Lino said:

    Condivido da cristiano tutto ciò che in questi mesi Famiglia Cristiana ha scritto sull’immigrazione e su una possibile deriva “razzista” in Italia, ma il caso del burqa, come lei giustamente fa notare, è molto diverso: bisogna essere miopi per non capire che è in gioco la libertà della donna, quella libertà conquistata in Europa ed in Italia a così caro prezzo e in così lungo tempo e che oggi deve essere difesa come conquista civica da tutti, in primis dalle donne. Ho sentito il marito della donna multata dire che per evitare altre multe NON FARA’ PIU’ USCIRE SUA MOGLIE DI CASA!: da persona che ha votato sempre a sinistra vorrei che la difesa della libertà di quella donna musulmana non fosse lasciata in appannaggio alla Santanchè o similari, ma che diventasse una bandiera delle donne di tutti gli schieramenti politici. Accogliere gli immigrati significa anche aiutarli a liberarsi da tradizioni tribali ed inumane (vedi infibulazione et similia….)

  2. Fulvio Scaglione said:

    Caro Lino,
    sul burqa la pensiamo uguale, quindi…
    Attenzione, però: la difesa della donna, musulmana o no, non è affatto nelle mani della Santanché. E’ nelle mani delle leggi, le leggi italiane come quella che impedisce l’uso del burqa. Per esempio le leggi che puniscono il sequestro di persona o le violenze domestiche. Io non credo che si debba imporre agli immigrati l’abbandono delle loro tradizioni. Credo, invece, che si debba imporre (a loro proprio come si fa agli italiani) il rispetto delle leggi. E tra una legge e la tradizione, vince la prima. Per questo sono convinto che non servano leggi apposta: bastano e avanzano quelle che ci sono.
    Ciao, grazie, a presto

    Fulvio

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