AMANDA E IL PROCESSO BREVE: GIUSTIZIA?

L’unica cosa precisa che so di Amanda Knox e Raffaele Sollecito è questa: al termine di un lungo processo, un tribunale italiano li ha giudicati colpevoli e li ha condannati a una pesantissima detenzione. Ho qualche opinione, invece, su quanto avviene ora, intorno alla sentenza e alle polemiche che contro di essa sono state sollevate in modo legittimo dalla famiglia di Amanda e in modo più pretestuoso da qualche politico Usa in cerca di facile consenso.

     

Amanda Knox, la ragazza americana condannata a 26 anni di carcere per aver ucciso, nella notte tra l'1 e il 2 novembre 2007, l'inglese Meredith Kercher.

Amanda Knox, la ragazza americana condannata a 26 anni di carcere per aver ucciso, nella notte tra l'1 e il 2 novembre 2007, l'inglese Meredith Kercher.

      Mi riferisco a Maria Cantwell, senatrice dello Stato di Washington (che ha per capitale Seattle), che ha impugnato le proteste della famiglia Knox (che in quello Stato appunto risiede) e si è lanciata in una serie di affermazioni che qui riporto: “Il sistema giudiziario italiano è difettoso”; “Ho tutta una serie di domande sul funzionamento del sistema giudiziario italiano e sul fatto che le sue procedure sono influenzate da sentimenti di antiamericanismo”; “L’accusa non ha presentato prove sufficienti affinché una giuria imparziale potesse concludere al di là di ogni ragionevole dubbio che Amanda Knox è colpevole”. E pazienza se, a parità di accuse, la ragazza negli Usa avrebbe rischiato la pena di morte.

     

Maria Cantwell, senatrice democratica dello Stato di Washington.

Maria Cantwell, senatrice democratica dello Stato di Washington.

      La Cantwell, democratica, in America passa per una progressista. Lei non lo sa ma in questo caso, tutta presa dalla difesa di una concittadina, usa gli stessi argomenti che gli ultras di Silvio Berlusconi ripetono quasi quotidianamente: la magistratura è indolente, politicizzata, priva di scrupoli, prevenuta e incapace. Nel caso della Knox e della senatrice Cantwell facciamo spallucce e rispediamo le accuse al mittente, punzecchiati anche nell’onor di patria. Nell’altro caso, la batteria dei media padronali si mobilita in tutta la sua potenza di fuoco.

      Proprio il caso dell’omicidio di Perugia, invece, secondo me dimostra che il problema principale della giustizia italiana non è l’incapacità della magistratura italiana, o il suo presunto o reale antiberlusconismo militante. Il vero problema è il malfunzionamento del sistema. Prendiamo la Knox e Sollecito: si sono fatti due anni di prigione in attesa di giudizio. Due anni: ma vi pare possibile, per un delittaccio da cronaca nera, con la scena del crimine ben circoscritta, i protagonisti identificati già poche ore dopo il fatto, tutti gli elementi sul tavolo già dal giorno dopo?

      Altri dati: ogni giorno 7 processi su 10 vengono rinviati. Le ragioni? Eccone alcune: nel 12,4% dei casi per assenza del giudice titolare, nel 9,4% per una notifica all’imputato mai inviata o inviata in modo errato, nel 6,8% per problemi tecnico-logistici, nel 6,6% per esigenze della difesa, nel 5% dei casi per l’assenza dell’avvocato difensore. E’ accettabile che quasi il 10% dei processi non si svolga a causa di un errore burocratico? Lo stesso errore che, ci ha detto la cronaca, in pochi mesi ha portato prima a un omicidio (un ordine di arresto mai consegnato, la donna uccisa dall’ex marito che avrebbe dovuto essere in manette) e poi a un suicidio (stessa cosa, un ordine di scarcerazione mai recapitato).

     Ma non basta. Qualche mese fa, la Banca Mondiale ha pubblicato, all’interno di un rapporto intitolato significativamente Doing Business (Fare affari, con un’analisi settore per settore dei Paesi in cui conviene investire), una statistica sulla velocità dei processi. L’Italia, nel mondo, è al centocinquantaseiesimo posto (156° posto), appena prima di Gibuti, Liberia, Sri Lanka e Trinidad ma dopo Angola, Gabon, Guinea e Sao Tomè. Roba da andarsi a nascondere per la vergogna. In Italia, sempre secondo la Banca Mondiale, un processo civile dura in media 1.210 giorni; in Germania 394 giorni, in Francia 331, in Gran Bretagna 404, in spagna 515.

      Se il sistema giudiziario funzionasse con tempo umani e degni di un Paese moderno e sviluppato, i giudici incapaci e quelli politicamente faziosi sarebbero spazzati via dal semplice fluire delle cause e delle sentenze. Solo l’inefficienza consente, a chi lo desidera, di barare e nascondersi. Il PdL, per le ragioni che sappiamo, sta ora proponendo la riforma della giustizia sulla base del processo breve: 2 anni per ogni grado di giudizio, oltre l’accusa cade in prescrizione. Esigenze personali di Berlusconi a parte, non sarebbe una brutta idea. Purtroppo, però, l’efficienza non si decreta per legge ma si costruisce giorno per giorno. Si potrebbe partire dalla Sicilia, per esempio, dalle procure di Enna e Nicosia. Laggiù succede questo: a Enna, l’unico magistrato inquirente ha già chiesto il trasferimento; a Nicosia, il procuratore è già destinato a nuova sede e il pubblico ministero ha già chiesto il trasferimento. Tra poco, il procuratore di Enna, Calogero Ferrotti, rimarrà solo. O meglio: solo ma circondato dai 7 mila fascicoli che formano la mole annua del lavoro di quelle procure. Lì, il processo breve, anzi brevissimo, è già arrivato.

Fulvio Scaglione

Mi chiamo Fulvio Scaglione, sono nato nel 1957, sono giornalista professionista dal 1983. Dal 2000 al 2016 sono stato vice-direttore del settimanale "Famiglia Cristiana", di cui nel 2010 ho anche varato l'edizione on-line. Sono stato corrispondente da Mosca, ho seguito la transizione della Russia e delle ex repubbliche sovietiche, poi l'Afghanistan, l'Iraq e i temi del Medio Oriente. Ho pubblicato i seguenti libri: "Bye Bye Baghdad" (Fratelli Frilli Editori, 2003) e "La Russia è tornata" (Boroli Editore, 2005), "I cristiani e il Medio Oriente" (Edizioni San Paolo, 2008), "Il patto con il diavolo" (Rizzoli 2017).

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