KARZAI GIURA E PROMETTE. A CHI?

Ahmid Karzai, presidente dell’Afghanistan, giura nel palazzo di Kabul e inizia il suo secondo mandato. Promette lotta dura alla corruzione ma uno dei suoi ministri, Muhammad Ibrahim Adel, finisce sotto inchiesta per aver forse intascato 30 milioni di dollari da una compagnia mineraria cinese. Invita alla riconciliazione nazionale, ma non può celare il fatto che per lui, al netto dei brogli, ha votato meno della metà degli elettori. Promette un Afghanistan capace di badare a se stesso entro cinque anni, ma nelle stesse ore sale a 476 ( con 293 soldati Usa) il numero dei militari stranieri uccisi dall’inizio dell’anno.

     

Hamid Karzai, presidente dell'Afghanistan, circondato dalle guardie del corpo.

Hamid Karzai, presidente dell'Afghanistan, circondato dalle guardie del corpo.

      E poi la povertà, l’oppressione diffusa sulle donne, il futuro incerto di un popolo in cui più del 40% dei potenziali studenti non ha accesso all’istruzione ( e il 44,5% della popolazione ha meno di 14 anni) e l’aspettativa di vita è ancora bloccata a poco più di 44 anni. Per non parlare del prestigio e della credibilità dello stesso presidente, malconci dopo anni di gestione opaca e inefficiente della cosa pubblica. Il secondo mandato Karzai, per usare un eufemismo, non nasce sotto i migliori auspici.

      Questa situazione socialmente e politicamente drammatica, però, potrebbe anche costringere Karzai e il suo clan a un colpo di reni. Se non per amore dell’Afghanistan, almeno per amore del potere. Proviamo a fare i conti. È chiaro ormai che del presidente gli Usa si fidano poco o nulla. La Casa Bianca ha già mandato chiari segnali in proposito ( il ‘ tifo’ per Abdullah Abdullah, al momento delle elezioni, era evidente) e poco concederà a Kabul in futuro, visto che Obama cala nei sondaggi d’opinione ( siamo sotto la soglia psicologica del 50% di consensi) soprattutto a causa dei pochi risultati e dei tanti morti in Afghanistan, che spingono un numero sempre maggiore di americani a pronunciarsi contro l’aumento delle truppe. In Gran Bretagna – secondo Paese per numero di soldati caduti, 235 – i sondaggi danno la ‘ voglia di ritiro’ oltre il 70%. In Germania l’impegno militare è stato prolungato di un solo anno e molto si parla di exit strategy, come in Italia.

      Karzai può restare al potere anche a dispetto degli alleati internazionali e si è dimostrato abile nel tessere alleanze con i nemici di ieri (uzbeki e sciiti) distribuendo prebende e favori. Ma non può restare al potere, e tanto meno governare, contro gli alleati internazionali o senza di loro. Se le truppe americane si ritirassero il clan pashtun dominante, pur rappresentando il 42% della popolazione, resterebbe in sella un paio di settimane al massimo. Karzai lo sa.

      Dovrebbero tenerlo a mente anche i governi occidentali che lo aiutano con vite umane e quattrini, per poi condizionarlo e tenerlo in riga senza tante cerimonie. Per esempio intervenendo sulla scelta dei ministri (Karzai, nel discorso inaugurale, ha promesso di pretendere da loro una specie di ‘ dichiarazione dei redditi’ per accertarne l’onestà) e smettendo di far finta che l’Afghanistan abbia un sistema democratico funzionante, quindi verificando ogni scelta di un governo che resiste solo grazie all’appoggio dell’Occidente.

      Un po’ di serietà e di coraggio, a questo punto, converrebbero anche a Karzai. In fondo gli si chiede solo di rinunciare a coprire i ladroni di famiglia (come i fratelli che trafficano con l’oppio), di tenere alla larga i troppo corrotti, di provare finalmente a operare per tutti gli afghani e non solo per quelli che lo appoggiano. In cambio, potrà governare e magari trovare un posto nella storia. Non è poco.

Pubblicato su Avvenire del 20 novembre 2009.

Fulvio Scaglione

Mi chiamo Fulvio Scaglione, sono nato nel 1957, sono giornalista professionista dal 1983. Dal 2000 al 2016 sono stato vice-direttore del settimanale "Famiglia Cristiana", di cui nel 2010 ho anche varato l'edizione on-line. Sono stato corrispondente da Mosca, ho seguito la transizione della Russia e delle ex repubbliche sovietiche, poi l'Afghanistan, l'Iraq e i temi del Medio Oriente. Ho pubblicato i seguenti libri: "Bye Bye Baghdad" (Fratelli Frilli Editori, 2003) e "La Russia è tornata" (Boroli Editore, 2005), "I cristiani e il Medio Oriente" (Edizioni San Paolo, 2008), "Il patto con il diavolo" (Rizzoli 2017).

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