SANAA CONVIVENTE E ASSASSINATA, MOHAMED PIZZAIOLO E ASSASSINO. CHI ERA IL PIU’ INTEGRATO DEI DUE?

Il dramma di Azzano Decimo, vicino a Pordenone, dove un padre marocchino, El Ketawi Dafani, ha sgozzato la figlia diciottenne, Sanaa, andata a vivere col fidanzato italiano, dovrebbe aiutarci a riflettere non solo sul tema dell’integrazione degli immigrati ma sul concetto stesso di integrazione. Cosa ci vuole per potersi dire, o essere definiti, integrati? Prendiamo il padre assassino: tutte le cronache dal luogo lo descrivono come una persona normale, un musulmano che osservava il digiuno del ramadan ma non frequentava la moschea e qualche volta si concedeva il piacere degli alcolici. Un marocchino arrivato 11 anni fa in Italia, un lavoratore che aveva cominciato come sguattero ed era poi stato “promosso” aiuto cuoco. Un padre-padrone, forse, ma vogliamo andare a vedere i dati sulle violenze domestiche di noi italiani?

         L’avremmo definito integrato, no? E invece non era integrato per niente. E sua figlia, Sanaa?  Si era fidanzata con il figlio del datore di lavoro del padre, contro il parere dei genitori (chi conosce un poco l’islam sa che cosa questo voglia dire, quanto a ribellione) e nonostante l’ampia differenza d’età con il fidanzato (13 anni). Non solo: era andata a convivere, ed è stata uccisa per questo. E lei, non era integrata? Caspita se lo era. Al punto da adottare un atteggiamento che anche molti genitori italiani (io, per esempio) avrebbero osteggiato nei propri figli.

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   Il dramma di Pordenone ricorda terribilmente una vicenda analoga, finita allo stesso modo: l’assassinio di Hina Saleem, 19 anni, da parte del padre Mohamed a Ponte Zanano di Sarezzo (Brescia), per ragioni quasi identiche. E tutto questo per dire solo che l’integrazione è una cosa complicata e piena di sfumature e che andrebbe studiata e osservata con più attenzione e, se mi si passa un termine fin troppo fragile, con molta più discrezione. Non sono d’accordo, quindi, con il sindaco di Azzano Decimo, Enzo Bortolotti della Lega Nord, che sbrigativamente afferma: “Queste sono persone che non si possono integrare”. Capisco la sua rabbia e la sua (mi pare, giudicando da lontano) onesta disperazione. Così dicendo, però, involontariamente insulta non l’omicida ma la vittima, che era perfettamente integrata nei modelli dominanti della nostra cultura, e con lei le sue due sorelline, di 4 e 10 anni d’età, che domani potrebbero essere delle splendide cittadine italiane.

      E non posso concordare neanche con Mohamed  Ouhatiq, imam di Pordenone, che più o meno sostiene: un buon musulmano non avrebbe mai fatto una cosa simile. Nessuna persona normale l’avrebbe mai fatto, musulmano o cristiano o buddista. E infatti noi consideriamo una conquista aver eliminato dall’ordinamento penale quell’infamia ch’era chiamata “delitto d’onore”. Perché ci sono idee e valori (per esempio, che la vita di una donna non vale meno di quella di un uomo) che travalicano la religione e, molto semplicemente, appartengono a tutti gli esseri umani.

      Proprio lungo lo stretto crinale che corre tra quei due pareri potremmo forse trovare la giusta strategia per l’integrazione di questi immigrati che, alla fin fine, ci sono tanto necessari. Perché la realtà è questa: il padre di Sanaa, con tutti i suoi complessi, i suoi pregiudizi e i suoi istinti omicidi, sarebbe ancora lì a farci le pizze (e noi a mangiarle) se non avesse deciso di ammazzare la figlia.

Fulvio Scaglione

Mi chiamo Fulvio Scaglione, sono nato nel 1957, sono giornalista professionista dal 1983. Dal 2000 al 2016 sono stato vice-direttore del settimanale "Famiglia Cristiana", di cui nel 2010 ho anche varato l'edizione on-line. Sono stato corrispondente da Mosca, ho seguito la transizione della Russia e delle ex repubbliche sovietiche, poi l'Afghanistan, l'Iraq e i temi del Medio Oriente. Ho pubblicato i seguenti libri: "Bye Bye Baghdad" (Fratelli Frilli Editori, 2003) e "La Russia è tornata" (Boroli Editore, 2005), "I cristiani e il Medio Oriente" (Edizioni San Paolo, 2008), "Il patto con il diavolo" (Rizzoli 2017).

4 Commenti

  1. Smone Colzani said:

    Caro Fulvio,
    Nella civilissima e democratica Italia, culla del diritto e patria del dritto, si trovano paladini ed alfieri dell’Occidentalità, pronti a tirar fuori i “valori della nostra civiltà”, novelli vedovi della Fallaci.
    Per fortuna tu sei un’eccezione, e non fai sconti sia nel bene che nel male, in questo ricordando “Se” di Kipling (riesci a conservare il controllo quando tutti Intorno a te lo perdono e te ne fanno una colpa).
    Per completare il tuo articolo, vorrei ricordare le migliorie del nostro codice penale, adeguato ad esigenze di civiltà solo nell’ultimo trentennio.
    Esulando da aborto e divorzio (che davano luogo a fattispecie penali e sono stati modificati anche grazie ad appositi referendum), non possiamo tacere del “delitto d’onore”, espunto solo nel 1981. Se poi parliamo di violenza carnale, come reato in sè e per sè (non come offesa al decoro), non possiamo non notare che la sua punibilità è stata adeguata nel 1996.
    Ai giorni nostri, c’è voluta più d’una campagna per il reato di molestie reiterate e atti persecutori continuati (stalking), introdotto nel 2008.
    Come vedi, e come hai sottolineato argutamente (Un padre-padrone, forse, ma vogliamo andare a vedere i dati sulle violenze domestiche di noi italiani?), è facile trovare la pagliuzza nell’occhio altrui anzichè la trave nel proprio. Personalmente spero sempre di trovare un po’ di giustizia e di democrazia a casa mia, prima di esportarle altrove

    Alla prossima
    Simone Colzani

  2. Fulvio Scaglione said:

    Caro Simone,
    della storia di quella povera Sanaa (marocchina? italiana?) mi ha colpito, oltre ovviamente al dramma, anche e soprattutto l’irriducibilità alle categorie rozze con cui di solito si affrontano questi problemi nel nostro dibattito pubblico. Dibattito che, a sua volta, è quasi totalmente sganciato dalla realtà quotidiana, quella per cui fai grandi proclami contro gli immigrati ma poi a mangiare la loro pizza ci vai, oppure ti riempi la bocca della parola integrazione ma poi non sai nulla di ciò che davvero accade alle “seconde generazioni” degli immigrati. C’è un lavoro enorme ancora da fare.
    Ciao, a presto

    Fulvio

  3. Italo said:

    Ci sono dei punti fondamentali che, a mio parere, dovrebbero essere evidenziati e rispettati da tutti gli immigrati che vengono in Italia.
    Primo tra tutti, il rispetto della donna, considerarla per quello che é, cioé un essere umano che ha la sua testa, che pensa e che prende decisioni autonome. Per esempio: che cosa dice il Corano a proposito della grazia muliebre? “Alle credenti si raccomanda la modestia. Che abbassino gli occhi, che custodiscano celate le loro intimità, che non ostentino le loro belle grazie eccetto quel che di fuori appare, che non le mostrino se non ai mariti”, così recita il Corano (XXIV-31).
    Ogni tanto si legge di omicidi delle figlie da parte dei padri perché le figlie non hanno rispettato il volere dei padri riguardo matrimoni già combinati.
    Si legge di musulmano che non vuole che la convivente italiana, in stato di gravidanza, lo abbandoni, lasciando a lei la scelta: o abortire o rassegnarsi a lasciare il figlioletto, una volta nato, al padre perché cresca secondo i dettami dell’Islam; e se non consentono, le donne vengono sequestrate o sottoposte a violenze, aiutate anche dalla famiglia di lui.
    Chi viene in Italia deve avere ben presente regole basilari della nostra società e se non accetta principi basilari allora é inutile anche parlare di integrazione. Le strade di congiungimento rimangano impossibili.

  4. Fulvio Scaglione said:

    Caro Italo,
    donne o maschi, sono d’accordo con te: chi viene in Italia rispetta alla lettera le leggi italiane. Punto e stop. Nessuna deroga, nessuna isola. Proprio come un italiano che vive all’estero rispetta le leggi del Paese in cui si trova.
    Ciao, a presto

    Fulvio

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