ANCHE I RICCHI PIANGONO. COSI’ LA CRISI MONDIALE HA COLPITO I MILIARDARI

Cari ricconi, quanti siete? Dove siete? Spulcio sempre con curiosità l’annuale “World Wealth Report” (Rapporto sulla ricchezza mondiale) pubblicato da Merril Lynch e Capgemini (www.us.capgemini.com). I dati sulla distribuzione della ricchezza individuale sono di per sé appassionanti. Il Rapporto divide i fortunati in tre categorie. Gli acronimi inglesi sono complicati, semplifichiamo così: milionari (quelli che hanno almeno 1 milione di dollari di liquidi investibili), supermilionari (almeno 5 milioni di dollari), ultramilionari (oltre 30 milioni di dollari). Sono escluse dal conto, come vedete, i beni di consumo e le residenze primarie.

 
      Il 2008, l’anno in cui la crisi finanziaria è esplosa è si è diffusa nel mondo, ha portato grandi delusioni ai nostri amici danarosi. Il numero dei milionari è calato del 14,9% rispetto al 2007 e la loro disponibilità finanziaria del 19,5%. Ancora peggio è andata agli ultramilionari, calati del 24,6% e meno ricchi di prima del 23,9%. Molti di questi sono addirittura scesi di categoria e si sono ritrovati in compagnia di quei poveracci dei supermilionari.
Veniamo al dove, molto ben specificato dall’indagine Merril Lynch-Capgemini. Ecco la classifica per nazioni:
1. Usa (2 milioni e 460 mila milionari a fine 2008, erano 3 milioni e 190 mila nel 2007)
2. Giappone (1 milione e 366 mila nel 2008, 1 milione e 517 mila nel 2007)
3. Germania (810 mila nel 2008, 833 mila nel 2007)
4. Cina (364 mila nel 2008, 491 mila nel 2007)
5. Gran Bretagna (362 mila nel 2008, 491 mila nel 2007)
6. Francia (346 mila nel 2008, 396 mila nel 2007)
7. Canada (213 mila nel 2008, 281 mila nel 2007)
8. Svizzera (185 mila nel 2008, 212 mila nel 2007)
9. Italia (164 mila nel 2008, 207 mila nel 2007)
10.  Brasile (131 mila nel 2008, 143 mila nel 2007).

     

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      La classifica assoluta dice qualcosa ma non tutto. Sono gli spostamenti a rendere il tutto più interessante. Per esempio: Usa, Giappone e Germania radunano, da soli il 54% di tutti i ricconi del mondo. Ma in Usa e Giappone i loro rovesci sono stati maggiori, dal punto di vista percentuale, che in Germania, dove l’economia è meno legata alla speculazione finanziaria e più ancorata all’industria e a investimenti tradizionali. Come gli Usa e il Giappone, hanno molto patito il 2008 i milionari della Gran Bretagna e ancor più di Hong Kong, piazze dove la Borsa e l’intermediazione finanziaria conta molto. Sorte analoga hanno vissuto, anche se per ragioni opposte, i danarosi di India e Russia: la crisi globale ha ridotto drasticamente la domanda dei beni di cui sono fornitori. Per la Russia un doppio crollo: quello del prezzo di gas e petrolio e quello della Borsa, calata del 71,7%, record del mondo del 2008. Il continente che ha patito di meno? L’America Latina, soprattutto grazie a Brasile (i suoi milionari sono calati “solo” dell’8,4% e il Paese si è insediato al decimo posto della classifica superando la Spagna), Messico e Colombia.
      Fin qui le curiosità, il colore. Il Rapporto, però, merita uno studio più accurato in altre parti, soprattutto quella in cui spiega come la crisi mondiale sia stata per molto tempo (dieci anni) in “cottura” prima di esplodere e diffondersi ovunque. Ecco le tendenze che avremmo dovuto tener d’occhio:
1. L’accumulo di riserve in valuta nei Paesi dell’Asia (colpiti da una grave crisi finanziaria nella seconda metà degli anni Novanta) e in quelli ricchi di risorse energetiche. Queste riserve sono state poi investite e sono andate a finanziare il debito dei Paesi sviluppati e inclini alla spesa. All’inizio della crisi, il 60% dei buoni del Tesoro Usa erano in mano a investitori stranieri, privati e istituzionali.
2. Quell’enorme disponibilità di denaro contante ha spinto molti Paesi e spendere senza freni. Il Rapporto chiama in causa per primi gli Usa (i loro consumi nel 2008 ancora generavano il 18,6% del Prodotto interno lordo di tutto il mondo) ma anche Spagna, Gran Bretagna e Australia.
3. L’affannosa ricerca di investimenti vantaggiosi per finanziare i consumi ha favorito lo sviluppo di sistemi finanziari opachi e infine incontrollabili. Con i risultati che si sono visti.
C’è poco altro da dire. Speriamo almeno che ci serva da lezione per il futuro.

Fulvio Scaglione

Mi chiamo Fulvio Scaglione, sono nato nel 1957, sono giornalista professionista dal 1983. Dal 2000 al 2016 sono stato vice-direttore del settimanale "Famiglia Cristiana", di cui nel 2010 ho anche varato l'edizione on-line. Sono stato corrispondente da Mosca, ho seguito la transizione della Russia e delle ex repubbliche sovietiche, poi l'Afghanistan, l'Iraq e i temi del Medio Oriente. Ho pubblicato i seguenti libri: "Bye Bye Baghdad" (Fratelli Frilli Editori, 2003) e "La Russia è tornata" (Boroli Editore, 2005), "I cristiani e il Medio Oriente" (Edizioni San Paolo, 2008), "Il patto con il diavolo" (Rizzoli 2017).

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