UN TOT PER CONDANNA. QUEI GIUDICI ELETTI DAL POPOLO NON PIACCIONO PIU’ NEMMENO AGLI USA

Il 20 luglio 2008 pubblicai un post in cui criticavo la proposta di Umberto Bossi, leader della Lega Nord, di arrivare ad avere giudici eletti dal voto popolare. Qualcuno mi rispose, sostenendo invece la bontà della proposta. Non ho mai cambiato idea e le notizie che arrivano dagli Usa, patria dell’elezione diretta dei giudici, mi confermano nell’opinione negativa.

       In Pennsylvania non si è ancora spenta l’eco del processo a due giudici, Mark Ciavarella e Michael Conahan, che avevano messo insieme bustarelle per 2,6 milioni di dollari in sette anni. Come? Così: spedivano tutti i minorenni che gli capitavano in aula in riformatorio, per la precisione in un riformatorio gestito da un’azienda privata che già aveva finanziato la campagna elettorale dei giudici, e che passava ai due una somma fissa per ogni detenuto. I giudici sono stati scoperti perché a un certo punto avevano passato ogni limite: una ragazza di 14 anni è finita dietro le sbarre per 9 mesi per aver dato uno schiaffo a un amico, un’altra si è presa tre mesi di galera a 15 anni d’età per aver pubblicato su MySpace una pagina internet che ridicolizzava il vice-preside della sua scuola.

       Ma non basta. Proprio in questi giorni la Corte Suprema Usa esamina il caso “Caperton contro Massey”. Hugh Caperton è un imprenditore minerario della Virginia che accusa la Massey Energy, azienda concorrente, di averlo rovinato con una frode. In più, Caperton non accetta che il processo possa essere celebrato sotto la presidenza del giudice Brent Benjamin (foto sotto: ultimo a destra con gli altri membri della Corte, e in primo piano). Perché? Perché Benjamin è stato eletto nel 2004 alla Corte Suprema della Virginia grazie a un fianziamento di 3 milioni di dollari da parte della Massey Energy, che così coprì il 60% delle spese di Benjamin per la campagna elettorale. C’è inoltre un precedente: sarà un caso ma nel 2007 il voto di Benjamin risultò decisivo per rovesciare, in sede appunto di Corte Suprema di Stato, una sentenza che condannava la Massey Energy a un risarcimento danni da 50 milioni di dollari.

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      Non si tratta di fenomeni locali ma di un problema che, per gli Usa, è ormai nazionale. Nel solo periodo 2000-2007, i candidati al posto di giudice di Corte Suprema di Stato hanno investito quasi 200 milioni di dollari in spese elettorali, più del doppio di quanto avessero speso in tutti gli anni Novanta.  Quattrini che pochissimi giudici possiedono e che quindi arrivano da “donazioni” che difficilment sono disinteressate. Ben 47 dei 52 Stati americani hanno intanto adottato i criteri dell’Ordine nazionale degli Avvocati, che chiede “la ricusazione del giudice quando la sua imparzialità potrebbe essere messa in discussione”. Purtroppo per tutti, l’unico che può ricusare un giudice è… il giudice stesso. E infatti Brent Benjamin è rimasto tranquillamente al proprio posto.

      In Italia abbiamo già un sacco di problemi con la magistratura da un lato, con la corruzione dall’altro. Più le influenze nefaste della politica. Introdurre l’elezione diretta dei giudici sarebbe come accendere un cerino in una polveriera. Il resto, Bossi compreso, è solo retorica.

Fulvio Scaglione

Mi chiamo Fulvio Scaglione, sono nato nel 1957, sono giornalista professionista dal 1983. Dal 2000 al 2016 sono stato vice-direttore del settimanale "Famiglia Cristiana", di cui nel 2010 ho anche varato l'edizione on-line. Sono stato corrispondente da Mosca, ho seguito la transizione della Russia e delle ex repubbliche sovietiche, poi l'Afghanistan, l'Iraq e i temi del Medio Oriente. Ho pubblicato i seguenti libri: "Bye Bye Baghdad" (Fratelli Frilli Editori, 2003) e "La Russia è tornata" (Boroli Editore, 2005), "I cristiani e il Medio Oriente" (Edizioni San Paolo, 2008), "Il patto con il diavolo" (Rizzoli 2017).

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