La Brookings Institution di Washington, uno dei centri studi più accreditati del mondo, soprattutto quando si tratta di Medio Oriente, ha fatto due conti sui morti civili in Iraq dopo la cacciata di Saddam Hussein. Tra il dicembre 2003 (ma la guerra era cominciata alla fine di marzo) e il settembre 2008 (ma siamo alle porte di dicembre), circa 100 mila persone. A queste vanno aggiunte altre perdite: 4.205 soldati Usa (e oltre 100 mila feriti), 314 soldati degli eserciti delle altre nazioni impegnate in Iraq, almeno 445 contractors (civili armati). Diciamo, senza tema di esagerare: 110 mila morti, escludendo dal calcolo i terroristi di ogni varietà ed estrazione.
E’ il ritratto di un incubo tutt’altro che concluso: ieri altri 19 morti in tre attentati a Baghdad. Ma non siamo affatto sicuri che quel bilancio, di per sé già allucinante, sia anche affidabile. Ci sono infatti valutazioni molto diverse. Il ministero della Sanità dello stato iracheno, per dirne una, calcola in almeno 150 mila il numero degli iracheni morti in questi anni. The Lancet, il prestigioso giornale medico inglese, aveva fatto una propria valutazione statistica che tracciava questo bilancio: oltre 600 mila iracheni morti tra 2003 e 2006. Qualcuno (www.justforeignpolicy.org/iraq/iraqdeaths.html) ha provato a calcolare il numero dei morti fino al 2008, sulla base della progressione individuata dagli studiosi del Lancet: si arriva alla mostruosa cifra di 1.288.246 morti.
Propagandisti di al Qaeda? Disfattisti? Forse. Resta il fatto che l’Opinion Research Business di Londra, istituto specializzato in analisi per la comunità degli affari, nel settembre 2007 ha calcolato in oltre 1 milione il numero degli iracheni morti dopo l’attacco anglo-americano contro Saddam Hussein.
Il numero dei morti è l’indicatore più aspro e immediato. Ma non è l’unico. L’accordo tra le maggiori comunità del Paese (sciiti, curdi e sunniti) per la spartizione dei territori e delle risorse ha di fatto cancellato ogni forma di rappresentanza delle minoranze. Tra queste, e prima fra tutte, la comunità cristiana: contava circa 800 mila persone all’epoca di Saddam; è stata dimezzata dagli anni di guerra e di violenza, con centinaia di migliaia di persone costrette alla fuga all’estero; ora i superstiti si sono concentrati nel Nord, nella provincia di Niniveh che ha per capoluogo Mosul, dove sono martellati dagli opposti estremismi sannita e curdo e dove, ormai, siono costretti a vivere chiusi in casa per scampare agli assalti a mano armata.
Perché dico tutto questo? Perché di tanto in tanto occorre ricordare i fatti a fronte della propaganda, sempre massiccia e ben finanziata, dei filo-americani con tre narici. Di fronte a un milione di morti, di carni martoriate e vite spezzate, quelli che parlano di missione compiuta mi fanno vomitare.