SUL MAESTRO UNICO NE SO DI PIU’, SULLA RIFORMA GELMINI NE SO COME PRIMA

      Mi sono ritagliato una bella pagina di giornalismo. Per la precisione, la pagina 11 di “Avvenire” di ieri, a cura di Enrico Lenzi. Grazie a essa, mi sono finalmente chiarito le idee su come vanno le cose nelle scuole elementari d’Europa in tema di maestro unico (un solo docente che insegna tutte le materie e risponde della classe), maestro prevalente (un docente che fa da riferimento alla classe e ai genitori, ma all’interno di un team di docenti) e team di docenti (tre insegnanti su due classi, come da noi in Italia a partire dalla riforma del 1990). L’inchiesta dimostra che il modello nettamente più adottato è quello del maestro prevalente, con alcune significative virate (in Francia, per esempio, dove l’insegnante svolge sette materie) verso il maestro unico.
      Quello che continuo a non capire (e non dipende da Lenzi, che nella sua pagina si occupa di altri aspetti del problema) è questo: perché il Governo si è dato come compito prioritario quello di riformare le scuole elementari? E’ piuttosto evidente che la scuola italiana è una specie di disastro. Ma è altrettanto evidente che il vero disastro si produce man mano che gli studenti si arrampicano verso il culmine degli studi. Il peggio è al vertice, non alla base.
      Sono le ricerche internazionali, super partes, a dirlo. Abbiamo visto la più recente, quella pubblicata dal Times sulle 200 capitali mondiali del sapere: l’Università di Bologna, la prima italiana citata, è al posto 192 (settantottesima in Europa) in classifica. La Sapienza di Roma e la Bocconi di Milano si piazzano dopo le Università russe, cinesi, indiane.
      Negli stessi giorni, ai primi di ottobre, è uscita un’altra ricerca, l’Education at Glance 2008 dell’Ocse (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico), che raggruppa 30 Paesi (Svizzera, Turchia, Usa e Russia compresi) e ha sede a Parigi. E anche qui, stessa storia. Partiamo dal vertice, cioè dall’università, settore in cui l’Italia accumula record negativi: siamo primi per studenti che abbandonano gli studi universitari (da noi arriva alla laurea solo il 45% degli iscritti al primo anno; la media Ocse è del 69%); abbiamo l’università meno ambita dagli studenti stranieri (solo il 2% dei quasi 3 milioni di studenti stranieri che hanno deciso di fare un anno in un Paese diverso dal loro è venuto da noi, mentre il 20% ha scelto gli Usa, il 9% la Germania, l’8% la Francia); solo l’introduzione della laurea breve, infine, ci ha permesso di raggiungere la media Ocse (37%) nella quantità di laureati, facendoci passare dal 19% al 39% di laureati.
      Se poi si va a vedere un po’ più nello specifico, ci si accorge che gli studenti italiani cominciano a perdere terreno tra la fine della scuola media e l’inizio del liceo. Arrivati a 15 anni, dice lo studio, le loro conoscenze scientifiche sono già nettamente inferiori a quelle della media dei 30 Paesi Ocse (475 punti contro 500) e abissalmente inferiori a quelle dei “secchioni” finlandesi, i primi della classe con 563 punti.
      Scendiamo ancora un po’, fino alle elementari. Qui siamo assolutamente dignitosi, ce la battiamo alla pari con i migliori. Spendiamo più di tutti (6.835 dollari per ogni alunno del ciclo primario, contro i 6.252 della media Ocse) ma a quanto pare spendiamo bene, visto che gli insegnanti nostrani son mal pagati. Un maestro di scuola elementare con 15 anni di esperienza guadagna in media, in Italia, 29.287 dollari, il che lo piazza al sesto posto nella classifica Ocse. Con un’avvertenza: tra il 1996 e il 2006 gli stipendi dei maestri delle elementari sono scresciuti in media, nei Paesi Ocse, dell’15%; in Italia solo dell’11%.
      Quindi uno come me, che non s’intende di scuola e pure non ama la polemica preconcetta, non può fare a meno di chiedersi: perché cominciamo a cambiare proprio dalla scuola elementare?

Per il rapporto Ocse sull’educazione:  http://www.oecd.org
 

Fulvio Scaglione

Mi chiamo Fulvio Scaglione, sono nato nel 1957, sono giornalista professionista dal 1983. Dal 2000 al 2016 sono stato vice-direttore del settimanale "Famiglia Cristiana", di cui nel 2010 ho anche varato l'edizione on-line. Sono stato corrispondente da Mosca, ho seguito la transizione della Russia e delle ex repubbliche sovietiche, poi l'Afghanistan, l'Iraq e i temi del Medio Oriente. Ho pubblicato i seguenti libri: "Bye Bye Baghdad" (Fratelli Frilli Editori, 2003) e "La Russia è tornata" (Boroli Editore, 2005), "I cristiani e il Medio Oriente" (Edizioni San Paolo, 2008), "Il patto con il diavolo" (Rizzoli 2017).

8 Commenti

  1. fabio cangiotti said:

    Be’, da qualche parte bisogna pur cominciare. Che il sistema a moduli sia unico nel suo genere e sia pedagogicamente scorretto è per me genitore molto chiaro. I bambinetti la prima cosa che imparano è fare paragoni critici tra i tre, magari supportati dai genitori, ciò che non è assolutamente consono alla loro età. Vale poi ricordare in ambito cattolico l’importanza della unitarietà delle figure di riferimento a quella età. O ci lamentiamo solo quando il bambino ha un paio di padri o madri, e sei-sette nonni volenterosi che se lo palleggiano per mettere una pezza ai disastri dei genitori?
    Posso anche dire che il livello medio degli insegnanti si abbassa, perchè è logico e umano che chi è meno dotato tenda a “nascondersi” al riparo del più valente della triade. Non è quindi banalmente un semplice problema di risparmio la razionalizzazione (perchè di questo si tratta, più che di riforma)della Gelmini, approvata dalla maggior parte dei genitori. Che i moduli siano stati creati in risposta a esigenze occupazionali e sindacali, ben prima che a priorità didattiche, finendo oltretutto per conferire ai sindacati un potere abnorme sulla scuola, è un’altra realtà. E’ inoltre scandaloso che i bambini siano usati per le proteste in corso da genitori forse in buonafede, ma di sicuro del tutto ignari di regole basilari educative (!). Protestate pure, ma lasciate fuori i bambini.
    Che a 6 anni imparano a contestare, e magari a 14 prendono a pugni l’insegnante. Perciò tifo apertamente Gelmini, che non so ancora se sia un’aquila, ma una persona di buon senso lo è di sicuro.

    fabio cangiotti

  2. Fulvio Scaglione said:

    Caro Fabio,

    purtroppo non ho “bambini” in età da elementari da molti anni, quindi su alcune cose mi devo fidare. Tu dici, per esempio,che tutti i genitori sono d’accordo con i propositi di razionalizzazione. Ti credo, ma non ricordo che prima delle elezioni dal popolo dei genitori si levasse un simile grido di dolore contro le elementari. In ogni caso (e dico “in ogni caso” in senso proprio), cominciare a cambiare dalla cosa che funziona meglio (o meno peggio) perché da qualche parte bisogna pur cominciare… beh, mi darai atto che puoi studiare qualcosa di meglio.

    Ciao, a presto

    Fulvio

  3. Luisa Giovagnini said:

    Caro Fulvio,
    mi rendo conto, ogni giorno di più, che probabilmente sto combattendo una ‘battaglia’ inutile e completamente incompresa e anche oggi mi sento presa dallo sconforto. Sconforto per quello che sento, che leggo……… ma domattina si riparte………. non farò sciopero anche perché insieme al mio team avevamo già progettato un’uscita con i bambini al Festival della scienza. Quando e se (ancora qualche speranza la nutro) arriveremo al maestro unico a regime in tutte le classi le uscite e le gite saranno cancellate (un insegnante non può essere responsabile all’esterno di gruppi maggiori di 22 bambini…. le classi arrivano a 26-29). Non vorrei farlo neppure il 30, perché ho proprio un’antipatia viscerale verso gli scioperi, preferirei lavorare rimandando al mittente lo stipendio della giornata ma, dove verrei conteggiata? Fra quelli che condividono il decreto?
    Ho iniziato con l’intenzione di rispondere a Fabio e mi sono fatta prendere dai miei pensieri.
    A presto
    *
    LUISA

  4. Fulvio Scaglione said:

    Cara Luisa,
    tutti, in questo periodo, siamo presi dai nostri pensieri, che per tuti sono penseri su situazioni personali che rimandano a situazioni generali che rimandano al privato senza soluzione di continuità.
    Delle mie due figlie, una ha smesso di studiare (dopo la laurea triennale) e fa lavori “a contratto” (ho sentito il ministro Bruneta dire che “precari” non è esatto, mi adeguo): ha da poco avuto un contratto di un anno e abbiamo festeggiato come se fosse andata sulla Luna. L’altra studia lavora, anche lei “a contratto”. Dovrei spiegar loro che sono fortunate, privilegiate, e in effetti credo che lo siano. Ma rispetto a questi tempi, mica in assoluto. Perché altrimenti dovrei anche riconoscere che loro devono “sbattersi” assai più di quanto facessi io, che non ero un pelandrone, alla loro età, mentre io so di aver avuto più di quanto avevano avuto i miei genitori. E qesto è giusto? E’ bello?
    Come vedi, anch’io mi sono lasciato prendere dai pensieri.
    Un saluto, a presto

    Fulvio

  5. Luisa Giovagnini said:

    Che posso dire: grazie a Dio ci sono persone come te!
    Che non si fanno prendere dalla foga, ascoltano, riflettono e discutono senza rinunciare alle proprie idee……….. Mi piacerebbe parlare con te di persona…. per fortuna c’è la ‘rete’.
    Mi piacerebbe anche invitarti all’assemblea che è stata convocata nella sala conciliare del comune dove lavoro: nella verde Umbria.
    Buona domenica,
    *
    LUISA

  6. Fulvio Scaglione said:

    Cara Luisa,
    grazie per i complimenti, immeritati. Quanto all’assemblea: se posso, visto tra l’altro che Milano e l’Umbria non sono vicinisssimi,volentierissimo.
    Ciao, a presto
    Fulvio

  7. Riccardo Menichetti said:

    Mi associo allo scambio di opinioni, e a questo punto anch’io vado “a ruota libera”. Ho 37 anni, ingegnere, con un ottimo lavoro in una multinazionale, 2 figli, 5 e 3 anni. Mi ritengo uno degli ultimi graziati del mercato, che è riuscito a prendere l’ultima carrozza dell’ultimo treno per un “successo” economico insperato. I miei genitori, persone splendide e semplicissime, hanno faticato non poco per mantenere me e mio fratello (il mutuo e quant’altro) durante tutto il ciclo scolastico. Ricordo che sin dai 14 anni, l’estate, andavo a lavorare, raccoglievo pomodori, le pesche, poi il bagnino ed il cameriere….Ho deciso, ultimo anno di Ingegneria, di spendere i denari accumulati per trascorrere un anno in USA (non comprandomi l’Iphone, che al tempo si chiamaca StarTAC), imparare l’inglese e certe nozioni che non erano nel programma di studi universitario. Ho notato una devozione all’insegnamento quasi paradossale per uno come me che, venendo da un’ambiente dove i professori si vedevano solo poche ore al mese, con doppi/tripli lavori, che utilizzavano (utilizzano?) i mezzi e le risorse a loro disposizione per gli affari personali……beh, mi sembrava di essere in un paradiso della didattica. I professori mi chiamavano a casa per sapere se avevo difficoltà, per informarmi che il gg successivo avrebbero fatto ritardo, mi mandavano e-mail (era 1995!!) con i compiti da svolgere, e via così….insomma l’esatto opposto di ciò che fino allora avevo vissuto. Ne avrei di cose da dire, ma preferisco fermarmi per non sembrare troppo di parte. Condivido quindi pienamente che sarebbe stato meglio partire da una riforma Universitaria, decisa e forte, che potesse mutare nel medio periodo l’approccio e la cultura all’insegnamento, stroncando la lobby indiscussa dei professori ordinari (molti dei quali parlamentari,….chissà perchè?), riportando alle origini il concetto vero del sapere e del suo diffondersi verso chi ha veramente intenzione (..o predisposizione?) di recepire insegnamenti evoluti. Perchè se è vero che lo scopo finale di uno Stato moderno è quello di innalzare quanto più possibile il livello culturale/educativo dei propri cittadini, non potete negare che sia altrattanto vero il fatto che non tutti siamo nati per essere poeti, musicisti, ingegneri o giornalisti. Oppure vogliamo far laurerare per forza anche il falegname, l’idraulico o il centralinista, nessuno me voglia, perchè dobbiamo rincorrere l’obiettivo ambizioso del 100% dei dottori? L’effetto che oggi dobbiamo gestire, dopo soli 5 anni di lauree brevi, è che il neolauretao che intervisto per un posto di lavoro, solo perchè ha in mano quel benedetto pezzo di carta, si pone con un atteggiamento spocchioso, saccente, quasi irriverente. Avrei preferito un buon diplomato ad un laureato inventato.

    Non mi spaventa poi il voto in condotta, direttamente connesso alla capacità educativa di base dei genitori piuttosto che una punizione soggettiva dell’insegnante (ci mancherebbe altro)e sorrido al grembiulino, ma se la sfortuna mi vedrà coinvolto nel gestire l’insegnante di mio figlio non all’altezza del suo ruolo…..beh, nessuno firma un contratto quinquennale con la classe o con la scuola di partenza. Diciamoci la verità, in quanti casi, per uno stesso maestro o professore, i nostri genitori hanno avuto giudizi diversi, molto spesso opposti?

    Sempre a ruota libera, Riccardo

  8. Fulvio Scaglione said:

    Caro Riccardo,

    intanto grazie per averci raccontato di te. Faccio il giornalista da trent’anni e ho capito solo una cosa: non c’è analisi che valga un’esperienza vissuta e ben ricordata. Quanto al resto: io ho fatto le scuole con grembiulino (e colletto rigido e fioccone)e voto in condotta. All’epoca era normale, certo, ma non mi sono mai sentito represso per il grembiule o particolarmente invogliato a star buono per il voto in condotta. Questo aspetto della questione, francamente, mi pare acqua fresca.
    Ho confessato più volte che gli aspetti tecnici della “riforma Gelmini” in larga parte mi sfuggono. Francamente, non mi fido della capacità di questo Governo di reinvestire in una migliore educazione i soldi (1,4 miliardi di euro nei prossimi quattro anni) recuperati con questi tagli, e non credo che la situazione economica glielo consentirà,ma forse è un problema mio.
    Alla fin fine, ciò che più mi spaventa è che ci si tiene alla larga dai fronti davvero scottanti (e l’Università italiana è un disastro conclamato), ma intanto si parla con grande facilità di lasciare a casa la gente. Dicono le statistiche che solo 1 precario su 20, tra quelli che hanno un contratto a progetto, alla fine trova un lavoro a tempo pieno. Quando sento il ministro Brunetta dire che “farà altro”, mi si ghiaccia il sangue nelle vene, anche perché è esattamente la situazione in cui si trova oggi una delle mie figlie. Altro cosa, in tempi di recessione economica? E i figli degli amici di Brunetta, sono precari anche loro? Così come i figli degli amici di Padoa Schioppa: nessuno di loro era un “bamboccione”? Tutti a far gavetta?
    Di destra o di sinistra che sia, non mi piace lo Stato che non ha “simpatia”, “pietas” per i suoi cittadini. Lo so, non è una grande analisi politica. Forse invecchio, che ti devo dire…
    Ciao, grazie, apresto

    Fulvio

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