DOPO IL CASO PARMA: LA PAURA, ECCO LA VERA EMERGENZA ITALIANA

      La polemica esplosa a Parma e dilagata su tutti i giornali merita di essere affrontata. I fatti sono noti a tutti, come pure i protagonisti: i poliziotti municipali che hanno realizzato l’arresto, il giovane ghanese Emmanuel Bonsu Foster che l’ha subito, i primi ora accusati di un pestaggio a sfondo razzista (oltre che, mi par giusto ricordarlo, di aver scambiato uno studente qualunque per uno spacciatore), il secondo pieno di lividi e da qualcuno sospettato di aver montato uno scandalo.
      Tutti i diretti interessati mi perdoneranno, però, se considero il loro caso particolare assai meno importante del caso collettivo, cioè della situazione della città. Parma, come prima cosa, è la città dove il 18 aprile 2008 i sindaci di quindici città (da Novara a Como, da La Spezia a Piacenza) hanno firmato la famosa Carta che cominciava così: “Il diritto alla sicurezza e alla qualità della vita urbana è una priorità e un bene primario dei cittadini”, e che ha dato la base teorica ai provvedimenti che poi il Governo Berlusconi, con la forte iniziativa del ministro Maroni, ha trasformato nel diritto dei sindaci a intervenire sull’ordine pubblico.
      La Carta fu firmata anche dal sindaco di Parma, Pietro Vignali, 39 anni, che nel giugno 2007 sconfisse la sinistra con il 56% dei voti. Ex assessore alla Viabilità urbana, Vignali non scherza sulla sicurezza: da quando è sindaco ha già emanato 7 ordinanze sul tema, ha rinforzato la polizia municipale e l’ha dotata di manganelli. Ha fatto anche molto altro, ma il tema è indubbiamente uno sei suoi cavalli di battaglia.
      Detto questo, qual è la realtà del crimine a Parma e provincia? E quale la percezione del crimine? La distinzione non è peregrina. Nel giugno 2007, l’Associazione Commercianti pubblicò i risultati di un’indagine intitolata La percezione della criminalità da parte delle imprese. Venne fuori che solo il 4% dei commercianti aveva ricevuto minacce o intimidazioni, ma che oltre il 60% di loro considerava “grave” (15%) o “seria” (48,3%) la situazione; il 94,5% dei commercianti, inoltre, aveva la sensazione che il crimine fosse in aumento.
      Era vero? Sì. Lunedì 2 giugno 2008 il Sole 24 Ore pubblicò una sintesi del rapporto del ministero dell’Interno sulla criminalità nelle 103 province italiane. Tutte le province dell’Emilia risultarono in crescita, con Ravenna, Reggio Emilia e Rimini oltre il 10% di aumento tra 2006 e 2007 e Parma non molto indietro: più 7,8%. Prima che i miei amici che simpatizzano per il centrodestra sui lascino andare a uno scomposto entusiasmo, vorrei anche ricordare che non tutta l’Italia mostrava la stessa tendenza e che, soprattutto, tra il giugno 2007 e il giugno 2008 si è avuto nel Paese un calo complessivo della criminalità del 10%, dagli esperti attribuito soprattutto a quei Patti per la Sicurezza che furono firmati dal ministro dell’Interno Amato (centrosinistra) e che il suo successore Maroni (centrodestra) ha confermato e anzi incentivato.
      Aveva fatto un buon investimento, dunque, l’aspirante sindaco Vignali, quando aveva fatto della sicurezza uno dei temi centrali della propria campagna elettorale. Ma Parma, nella situazione italiana, com’è messa? Voglio dire: nella realtà concreta, e non nei sogni, Parma sta bene o sta male? Se prendiamo in esame il numero dei reati ogni 100 mila abitanti, in quella rilevazione del ministero degli Interni Parma è al trentaduesimo posto su 103 province. Classifica medio-alta, possiamo dire, ma pur sempre dopo città già da lungo tempo amministrate dallo stesso centrodestra che a Parma si proponeva come la cura del problema sicurezza, per esempio Treviso, Varese, Verona, Milano. O di quella Padova dove il sindaco Zanonato, ex comunista ora Pd, ha costruito il famoso muro anti-spacciatori.
      Parma, però, ha un problema tipicamente italiano. Un problema con due corni. A sinistra, il corno dell’età media della popolazione: a Parma e provincia, l’indice di vecchiaia è di 189,2, cioè quasi due anziani per ogni ragazzo tra 0 e 14 anni. Migliorato rispetto a un decennio fa, ma sempre alto. A destra, il corno dell’immigrazione: in provincia gli immigrati sono l’8,1% di una popolazione totale di 420 mila persone, in città (180 mila abitanti) solo nel 2007 sono arrivati quasi 7 mila stranieri e i loro figli sono il 18% di tutti i nuovi nati.
      Dato da non trascurare: il 10-15% degli stranieri sono clandestini. E da loro vengono quasi tutti i reati “in più” commessi dagli stranieri, perché gli immigrati in regola delinquono nelle stesse percentuali degli italiani, come ha spiegato chiaramente Costantino Monteverdi, l’assessore alla Sicurezza. Ultima considerazione: tutti i rapporti di polizia mettono in risalto il fatto che in Emilia, e nella provincia di Parma in particolare, la vera e più insidiosa emergenza sicurezza è costituita dall’espansione della camorra, della ‘ndrangheta e di altri gruppi del crimine organizzato, che in una terra ricca e industriosa trovano ottime opportunità di investimento e riciclaggio dei loro capitali.
      Ma al cittadino interessa soprattutto la piccola criminalità, la cosiddetta “criminalità comune”. E allora vale anche per Parma, dunque, il discorso che in queste pagine, e non per la prima volta, abbiamo fatto sul tema sicurezza. Non c’è nessun dramma in corso, nessuna “guerra civile”. Ci sono problemi anche seri e importanti, questo sì, ma nulla che non possa essere affrontato e risolto. Assai più insidiosa mi pare, invece, l’emergenza paura, questo male di vivere che attanaglia gli italiani, per parte loro sempre più vecchi e sempre più sconcertati di fronte a un’immigrazione che è mal regolata (non mi pare che la Legge Bossi-Fini abbia ottenuto grandi risultati), per nulla spiegata e digerita a fatica dal tessuto connettivo del Paese.
      Mi pare anche che il ministro Maroni, se davvero volesse ottenere risultati, dovrebbe mandare i soldati a pattugliare non la piazza del Duomo di Milano ma le coste del Sud, dove sbarcano i clandestini. Se riescono a mettere piede sulla spiaggia, i clandestini finiscono subito nelle reti della criminalità organizzata e del relativo sottobosco, che provvedono a distribuirli nelle diverse regioni e a impiegarli per i loro sporchi affari. E’ lì che nasce il crimine che poi spaventa i bravi cittadini di Parma e delle altre città e, magari, li spinge anche a forme di xenofobia e intolleranza.
La paura della gente è reale, concreta e merita rispetto. Meriterebbe, anche, meno sceriffi improvvisati e provvedimenti che puntassero alle radici dei problemi, e non solo alle loro conseguenze più vistose.  

Fulvio Scaglione

Mi chiamo Fulvio Scaglione, sono nato nel 1957, sono giornalista professionista dal 1983. Dal 2000 al 2016 sono stato vice-direttore del settimanale "Famiglia Cristiana", di cui nel 2010 ho anche varato l'edizione on-line. Sono stato corrispondente da Mosca, ho seguito la transizione della Russia e delle ex repubbliche sovietiche, poi l'Afghanistan, l'Iraq e i temi del Medio Oriente. Ho pubblicato i seguenti libri: "Bye Bye Baghdad" (Fratelli Frilli Editori, 2003) e "La Russia è tornata" (Boroli Editore, 2005), "I cristiani e il Medio Oriente" (Edizioni San Paolo, 2008), "Il patto con il diavolo" (Rizzoli 2017).

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