AVANTI, AMMETTIAMOLO, NELLA CRISI USA-RUSSIA BERLUSCONI SI E’ MOSSO BENE

      Gli italiani, si sa, non amano la politica estera. Anche adesso, con il prezzo del petrolio fisso oltre i 100 dollari a barile, l’economia cinese in crescita, i  soldati in Afghanistan e in Libano e il vento della crisi finanziaria che soffia dall’America, siamo molto attenti ai treni dei tifosi e meno alle decisioni che, prese in sedi magari lontane, ci fanno poi spingere più in fretta verso le casse il carrello del supermercato. Il primo a dolersene dovrebbe essere proprio il Governo dell’arcitaliano Silvio Berlusconi, che nel pieno della crisi tra Georgia e Ossetia (ovvero tra Usa e Russia) ha dato il meglio di sé e ha contribuito a riportare l’Europa su una strada di saggezza e lungimiranza.       Certo, agli occhi di un osservatore tradizionale lo stile diplomatico del governo italiano, con il ministro degli Esteri al telefono dai tropici e il premier impegnato a ricordare a Bush le gite nel ranch e a Putin i brindisi in dacia, sarà parso un po’ meneghino, un po’ troppo fiducioso nel ghe pensi mi che ha preso il posto del tradizionale volemose bene. Ma in qualche modo ha funzionato: Berlusconi può parlare con Bush come con Putin (e in qualche caso essere persino ascoltato), l’Italia gode di un certo credito sia presso gli Usa sia presso la Russia.      Al di là degli stili individuali, ci sono ragioni politiche importanti. Il Governo italiano ha fatto il passo opposto a quello che fece nel 2003 quando, per compiacere Bush e la politica neocon, Berlusconi divenne addirittura promotore di quella lettera di sostegno all’invasione dell’Iraq che spaccò l’Europa e la consegnò a una serie di divisioni di cui paghiamo ancora il prezzo. Aiutando l’Europa a non imboccare la strada insensata delle sanzioni contro la Russia, al contrario, Berlusconi è oggi andato contro i desideri dei suoi partner del 2003, Gran Bretagna e Polonia in testa.       Perché? C’è un’ipotesi A, più onorevole estrategica. E un’ipotesi B, anch’essa onorevole ma più tattica. L’ipotesi A è questa: Berlusconi e i suoi ministri hanno ascoltato Putin quando diceva che “il mondo non finisce con gli Usa e l’Europa”. Sprezzante, il capo del Governo russo. Il problema è che ha ragione: India e Cina non hanno aperto bocca per criticare la Russia, l’Asia è grande e ricca, non mancano Paesi emergenti (dal Brasile all’Iran) che non si legano al carro americano. In sostanza e in breve: la fine del comunismo ha cambiato il mondo, bisogna prenderne atto e attrezzarsi anche se questo va contro le nostre previsioni o i nostri sogni.

      L’ipotesi B invece dice: il Berlusconi del 2003 (e con lui il ministro Tremonti) credeva nel “nuovo miracolo italiano” e nel traino degli Usa. E poi perse le elezioni. Nel 2008 il premier non solo ha appreso la lezione ma è finalmente conscio delle difficoltà del momento. Della politica neocon sono rimaste tali e tante macerie che lo stesso ruolo internazionale degli Usa è in crisi (“Non più rispettati ma nemmeno temuti”, è il titolo di un editoriale dell’Herald Tribune di ieri). In più, la Russia è uno dei migliori partner commerciali dell’Italia e il principale fornitore di gas dell’intera Europa. Ci conviene farle un dispetto per un’America che sta per cambiare presidente? Ha senso, per compiacere i polacchi, minare ancora un’Unione Europea che con l’euro attutisce la crisi petrolifera e con la Banca Centrale riduce l’effetto dei pasticci creditizi dell’era Bush? La risposta è chiara, quel che ha fatto Berlusconi anche. Restano le grida dei filoamericani di vocazione e di ventura, ora delusi anche dal caro Silvio. Ma suonano sempre più flebili tra le macerie.

Pubblicato sull’Eco di Bergamo del 5 agosto 2008   http://www.eco.bg.it 

Fulvio Scaglione

Mi chiamo Fulvio Scaglione, sono nato nel 1957, sono giornalista professionista dal 1983. Dal 2000 al 2016 sono stato vice-direttore del settimanale "Famiglia Cristiana", di cui nel 2010 ho anche varato l'edizione on-line. Sono stato corrispondente da Mosca, ho seguito la transizione della Russia e delle ex repubbliche sovietiche, poi l'Afghanistan, l'Iraq e i temi del Medio Oriente. Ho pubblicato i seguenti libri: "Bye Bye Baghdad" (Fratelli Frilli Editori, 2003) e "La Russia è tornata" (Boroli Editore, 2005), "I cristiani e il Medio Oriente" (Edizioni San Paolo, 2008), "Il patto con il diavolo" (Rizzoli 2017).

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