GLI STALINISTI DELL’AMERICANISMO

      L’antiamericanismo “senza se e senza ma”, preconcetto, mai basato sui fatti ma solo sulle opinioni, è una grande disgrazia del tempo moderno. Ce n’è però una recente e forse peggiore: il filoamericanismo “senza se e senza ma”. Di questo virus sono portatori, non a caso, soprattutto i non americani: spesso esuli, emigrati o figli di emigrati che hanno trovato in quella cultura e in quella civiltà la difesa della libertà e l’incarnazione dei propri ideali, e che tendono a trattare da traditore dell’umanità chiunque manifesti anche il più piccolo dubbio anche sulle questioni concrete (non di principio) come questa o quella decisioni politica di questo o quel Governo.

       Sono, costoro, gli stalinisti dell’americanismo. Anzi, i leninisti della democrazia: i leninisti originari tramutavano in “nemico del popolo” chiunque non fosse convinto dei poteri miracolosi del comunismo, questi trattano da “amico dell’islamismo” (del comunismo, del terrorismo, ecc. ecc.) chiunque pensi che anche l’America sbaglia, e qualche volta pure di grosso. A parte i dilettanti nostrani, forse non è un caso se i più accesi praticanti di questa tattica hanno origini nell’Europa dell’Est, come l’ex polacco Richard Pipes (peraltro grandissimo storico del comunismo, a differenza del figlio Daniel, poco più di un agitprop) o l’ex ungherese Paul Hollander.

      Parlando della prima Legge Finanziaria del nuovo Governo Berlusconi, il ministro Tremonti ha invitato a “smetterla di parlare di bene e male e cominciare a parlare di utile e inutile”. E’ giustissimo ed è un criterio che, di fronte ai problemi collettivi, dovrebbe ispirare qualunque ragionamento su qualunque argomento. Proviamo allora a farlo con l’America dell’era Bush, dei neocon, dell’opposizione dura e militare all’estremismo islamico. E’ stata utile l’invasione dell’Iraq? E’ stata utile la politica economica della Casa Bianca? Insomma, da otto anni di bushismo il mondo esce migliore o peggiore?

      Consideriamo le tensioni internazionali, provocate da una politica che ha portato Bush sei volte in Italia e due sole volte in Israele, cioè nel cuore di quel Medio Oriente che voleva pacificare: l’Iran è più aggressivo che mai, la Russia se la ride, la Cina marcia come un treno, i cosiddetti alleati (primo fra tutti il Pakistan) fanno quel che gli pare, l’Afghanistan è una spina nel fianco, nell’America del Sud ci sono Paesi come il Venezuela e soprattutto il Brasile che all’America ormai ridono dietro.

      Sullo stato del mondo la risposta è evidente, basta del resto avvicinarsi a un distributore di benzina. Ma non c’è solo il mondo, c’è anche l’America stessa. Dopo otto anni di bushismo (che i dilettanti italici qualche anno fa esaltavano a tutto spiano), l’America sta meglio o peggio di prima? Pensate alle critiche che i neocon all’amatriciana rivolsero a Bill Clinton e paragonate il clima che si respirava otto anni fa negli Usa a quello che si respira ora. Pensate agli anni della new economy, che fu soprattutto una “bolla” di fiducia nel futuro, e fate il confronto con le decine e decine di arresti che stanno portando in galera il fior fiore dei manager di Wall Street, mentre i risparmiatori bidonati dai soliti maghi della finanza sono costretti a rivendere case che non hanno ancora finito di pagare.

      E teniamo infine presente una cosa: per ottenere questi bei risultati, Bush si è concesso di tutto. Sul Sole 24 Ore di domenica 22 giugno, una pagina intera (ispirata alle rilevazioni del Center for the Public Integrity) ricorda che Bush e i suoi (Colin Powell, Donald Rumsfeld, Dick Cheney, Condoleezza Rice… ) riuscirono a mentire ai loro concittadini per quasi 1.000 (mille) volte in due anni a proposito dell’Iraq, senza contare le scemenze dette in buona fede. E poi lo spionaggio a ruota libera anche negli Usa, le torture da Guantanamo a Abu Ghraib, il rapimento di cittadini stranieri in Paesi stranieri, gli aerei-prigione, le navi-prigione…

       Insomma, cari filoamericani “senza se e senza ma”: se avete dei complessi, fatevi curare; se siete disinformati, informatevi; se siete faziosi, seguite un corso di tolleranza. E non rompete le scatole a chi vuole giudicare l’America (come tutto il resto) senza pregiudizi, usando il cervello e non le viscere e sapendo che un Paese resta grande anche se incappa in un pessimo Governo e in pessime decisioni.

 

http://www.publicintegrity.org

http://www.ilsole24ore.com

 

 

 

Fulvio Scaglione

Mi chiamo Fulvio Scaglione, sono nato nel 1957, sono giornalista professionista dal 1983. Dal 2000 al 2016 sono stato vice-direttore del settimanale "Famiglia Cristiana", di cui nel 2010 ho anche varato l'edizione on-line. Sono stato corrispondente da Mosca, ho seguito la transizione della Russia e delle ex repubbliche sovietiche, poi l'Afghanistan, l'Iraq e i temi del Medio Oriente. Ho pubblicato i seguenti libri: "Bye Bye Baghdad" (Fratelli Frilli Editori, 2003) e "La Russia è tornata" (Boroli Editore, 2005), "I cristiani e il Medio Oriente" (Edizioni San Paolo, 2008), "Il patto con il diavolo" (Rizzoli 2017).

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